Istinto e irruenza. Auguri a Luiso, il Toro di Sora
Da bambino prendeva a calci il pallone e cullava il sogno di emulare il suo idolo di sempre, immaginando un titolo altisonante su un giornale sportivo nazionale: "Luiso come Vialli". Sognava in grande, quel ragazzino tutto istintività e irruenza, ma alla serie A arrivò davvero, peraltro riuscendo a trovare un elemento in comune con il mitico attaccante di Cremona: entrambi hanno vestito i colori unici della Sampdoria.
A differenza di molti colleghi, Pasquale Luiso non frequentò mai una vera e propria scuola calcio, e in carriera si affidò soprattutto al fiuto per il goal, piuttosto che alla tecnica. Mossi i primi passi tra le fila dell'Afragolese come ala destra, trovò la sua collocazione ideale in campo al Sora grazie all'allenatore Claudio Di Pucchio, che lo ritenne, per caratteristiche fisiche e tecniche, più adatto al ruolo di centravanti. La mossa si rivelò vincente e Luiso ripagò la fiducia del mister con 58 reti in quattro stagioni, prediligendo il gioco aereo e la fisicità, con cui trascinò la squadra sino alla promozione in C1.
Il rendimento costante con la maglia del Sora, destò l'interesse del Torino, che ne acquisì il cartellino nel 1994, realizzando il suo sogno di esordire in serie A. Per lui, tuttavia, solo una presenza in granata per via delle gerarchie, che vedevano Silenzi e Rizzitelli punti inamovibili sullo scacchiere della squadra piemontese. La società decise quindi di farlo maturare giocando con maggiore continuità in cadetteria, con la casacca del Pescara. Il giovane Luiso in quegli anni fu protagonista di diversi cambi di maglia, che lo portarono prima al Chievo, poi ad Avellino, prima di ritrovare la serie A con il Piacenza.
Il "bomber di periferia" fu il trascinatore della salvezza della squadra emiliana nel campionato '96-'97, in cui firmò una prodezza in rovesciata che consentì al Piacenza di superare 3-2 il Milan e siglò una doppietta nello spareggio contro il Cagliari. La stagione da protagonista gli valse la chiamata del Vicenza, in cui approdò nell'ambito di un'operazione che prevedeva il passaggio di Roberto Murgita al Piacenza. In quel periodo i goal di Luiso profumavano d'Europa: con i biancorossi disputò infatti la Coppa delle Coppe, in cui si mise in luce come miglior marcatore della competizione (8 reti all'attivo in 7 gare); purtroppo, tuttavia, la stagione seguente non fu altrettanto brillante e, dopo aver fatto ritorno a Pescara con la formula del prestito, Luiso contribuì alla promozione del Vicenza in serie A.
Quando il Toro di Sora arrivò alla Samp, nella stagione 2001/2002, aveva superato la trentina e non attraversava uno dei momenti migliori della propria carriera. Ciononostante, anche a Genova si contraddistinse per il suo trasporto agonistico e il tempismo, che gli valsero 13 marcature in 47 partite. All'esperienza blucerchiata seguirono altri anni di cadetteria con le casacche di Ancona e Salernitana, una breve avventura a Catanzaro e, dopo alcune stagioni in serie C1 e C2, la chiusura in quel Sora che gli diede il soprannome più noto e in cui ha iniziato la carriera di allenatore nel 2010.
Luiso rappresenta il volto genuino del calcio, il giocatore grezzo che riesce a sfondare grazie alla propria caparbietà e sopperisce a qualche lacuna tecnica con lo spirito del lottatore, la fisicità, l'istinto; ma, soprattutto, umanamente incarna l'umiltà di chi, indipendentemente dal palcoscenico calcato, non ha mai scordato di volgere un'occhiata in tribuna alla propria famiglia, in questo caso al padre. Colui che a diciassette anni bonariamente gli diceva che era un po'troppo esile per giocare a calcio, eppure ne era il primo tifoso e non mancava mai di consigliarlo ed emozionarsi nel vederlo in campo.
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