Platt: lo stile e la classe di un blucerchiato d'Oltremanica

10.06.2010 08:00 di  Serena Timossi   vedi letture
Platt: lo stile e la classe di un blucerchiato d'Oltremanica
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© foto di Alessandro Pizzuti

I giocatori inglesi che hanno vestito la maglia della Samp nel corso della storia blucerchiata si contano sul palmo di una mano ed ebbero diversa fortuna. Si va da un autentico fuoriclasse come Trevor Francis, al difensore centrale Desmond Walker transitato a Genova nella stagione ’92-’93, a due meteore come l’attaccante Daniele Dichio ed il centrocampista Lee Sharpe, che non lasciarono il segno sul finire degli anni ’90.

A questi nomi va aggiunto uno dei centrocampisti più completi del panorama calcistico d’Oltremanica, nominato giocatore dell’anno dalla PFA nel 1990, trionfatore in Coppa Italia con la Samp nella stagione 1993-1994, nonché vincitore della Premier League e della Coppa d’Inghilterra con l’Arsenal nel 1998. Il palmarès non basta a descrivere David Platt, giocatore che seppe incantare i tifosi nel corso delle sue due stagioni in blucerchiato.

La sua storia comincia il 10 giugno 1966, a Chadderton. David fa parte di una famiglia benestante, cresce con una governante, ha un autista personale, studia con profitto e gioca a calcio nelle giovanili del Manchester United. Insomma, è quella che si suol definire una vita in discesa. Il Manchester però non lo ritiene pronto per il debutto in prima squadra e Ron Atkinson non crede nelle sue qualità. Platt viene così spedito al Crewe Alexandra, in quarta categoria. Il ragazzo ha carattere e, soprattutto, un gran talento non ancora compreso dagli addetti ai lavori; lo dimostra a testa bassa, con prestazioni maiuscole ed una propensione al goal non comune alla maggior parte dei centrocampisti.

A 22 anni firma per l’Aston Villa e contribuisce alla risalita del club nella massima serie. Con i Villans colleziona 121 presenze e ben 50 goal, evidenziando le proprie doti tecniche e tattiche. Gli anni ’90 lo consacrano anche in campo internazionale, grazie alle prestazioni offerte con la maglia della Nazionale inglese nel mondiale italiano del 1990, in cui si mette in luce con la girata al volo contro il Belgio che regala all’Inghilterra la qualificazione ai quarti di finale.

Ancora in goal nella partita seguente contro il Camerun, Platt conquista la titolarità e porta l’Inghilterra sino alla semifinale, persa contro la Germania Ovest. In carriera le sue presenze in Nazionale saranno 62, di cui 13 con la fascia di capitano, con 27 reti all’attivo. Proprio Italia ’90 desta l’interesse delle società italiane nei confronti del talento inglese: l’avventura nel Bel Paese comincia nel Bari, per poi passare alla Juventus ed infine alla Samp.

La parte più brillante dell’esperienza italiana è proprio con la squadra di Eriksson, in cui riesce a mettersi in mostra giocando nella posizione più congeniale, con Jugovic ad organizzare il gioco e due attaccanti di fantasia e movimento come Gullit e Mancini, in grado creare spazi che ne propiziano le incursioni ed i goal. Nel ’93-’94 i blucerchiati chiudono al terzo posto e si aggiudicano la Coppa Italia; Platt è il terzo cannoniere di una delle Samp più belle di sempre. L’anno seguente è quello della sfortunata uscita dalla Coppa delle Coppe per mano dell’Arsenal, ma in campionato Platt è spesso sul tabellino dei marcatori, segnando tra l’altro la doppietta casalinga contro il Brescia il 7 maggio 1995.

Poi la cessione all’Arsenal ed il termine della carriera al Nottingham Forest nel 2001. Appesi gli scarpini al chiodo, Platt fa ritorno alla Sampdoria da allenatore affiancato da Veneri nella stagione ’98-’99, quella in cui Spalletti gli subentra, ma non riesce ad evitare l’amara retrocessione in serie B. Le successive esperienze da tecnico di Platt sono alla guida di Nottingham Forest, Under 21 inglese e Colberaine, una squadra irlandese. A questa professione oggi affianca l’attività giornalistica per la rivista sportiva inglese Four Four Two.

Un inglese atipico, lontano dallo stereotipo di persona eccessivamente flemmatica, che non ha mai nascosto di amare il modo di vivere spontaneo degli italiani e ha saputo ambientarsi in fretta nella penisola, lasciando ovunque l’impressione di persona amichevole e professionale. Del resto, rivisitando la celebre “flemma inglese” in chiave calcistica, la sua esultanza dopo un goal sapeva coniugare la giusta grinta ad un inconfondibile stile anglosassone.