Sampdoria, Stankovic: "Chiedo umiltà e orgoglio. Mi sono affezionato alla piazza"

08.02.2023 15:01 di Emanuele Massa   vedi letture
Sampdoria, Stankovic: "Chiedo umiltà e orgoglio. Mi sono affezionato alla piazza"
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L'allenatore della Sampdoria Dejan Stankovic si è raccontato in un'intervista dal campo del Ferraris ai microfoni di DAZN:

"Dal campo mi sembra che i tifosi siano molto più vicini, invece c'è un po' di distanza, ma sono sempre vicini. A loro si può dire solo chapeau".

C'è da dargli qualche soddisfazione, soprattutto in questa porta. "Non vedo l'ora, ma anche nell'altra porta, non mi interessa quale. La prima vittoria, il primo gol a Marassi come allenatore è il minimo che devo loro. Sto lavorando e stiamo lavorando per trovare soluzioni, non mi metto a piangere, a chiudermi in un buco e ad essere disperato. No, con grande orgoglio cerco di difendere la nostra fortezza, prima o poi di vincere la prima partita e fare il primo gol qui in campionato. In Coppa Italia l'abbiamo fatto, ma in Serie A siamo ancora a secco".

Un gol clamoroso lo fece contro il Genoa. "Sì, ci fu un rinvio un po' sbagliato di Amelia. Anche quel gol è strano, perché ho usato la forza del tiro di Amelia per arrivare lì. C'è una scena bella da dietro, che quando faccio il movimento per calciare si vede da dietro Maicon che fa lo stesso. Devo dire la verità, contro il Genoa non eravamo in difficoltà come contro la Sampdoria quando venivamo qua a giocare. Storicamente la Sampdoria ha un segno importante per me: c'erano Mancini, Vialli... Quella generazione che ha giocato la finale di Champions all'ultimo minuto. Poi con Boskov, Mihajlovic... C'era la cultura della Serbia portata verso la Serie A e verso i colori della Sampdoria".

Prima di venire alla Sampdoria sicuramente ha parlato con Sinisa. "Ho parlato sempre con Sinisa, di tutto. Era il mio punto di partenza, il mio punto di riferimento, uno che mi diceva: 'Vai tranquillo, andrà tutto bene'. Solo quello. Ci parlavo di tutto, poi le scelte le facevo io, ma lui ti dava consigli, ti tirava le orecchie quando le cose non andavano bene. Quello è il fratello, non quello che ti dice solo quando le cose vanno bene, ma che ti rimprovera quando sbagli. Sinisa mi ha portato via tutte le parole, il dolore immenso e quello di Arianna, dei bambini, di suo fratello, di sua mamma... Io prego tutte le notti Dio di dare loro la forza di andare avanti. Mi tengo tutto dentro e sono fiero di aver fatto parte della sua vita. Quanto? Non lo so, ma ne ho fatto parte. E sono fiero che lui sa quello che pensavo. E quanto lo rispettavo, quanto gli volevo bene".

C'è una frase che glielo ricorda? "Ce ne sono tante, come questa: 'Non ti devi pentire mai di quello che hai fatto, solo di quello che non hai fatto'. Questa è la frase di Sinisa, che la puoi usare in qualsiasi contesto, nella vita e nel calcio".

Com'è lo Stankovic allenatore? "Soffro tanto. Io sono all'interno di quel 10% di allenatori che lo fanno per passione, grinta, voglia, adrenalina".

Aveva detto di non volersi riaffezionare come in passato. "E invece ci sono ricascato di nuovo. Forse arriverà con l'esperienza, ma per adesso sono questo. Mi sono affezionato così tanto ai giocatori della Stella Rossa che erano come i miei fratelli minori, ero un compagno di squadra con qualcuno. Ogni partita soffrivo tanto, stavo male. Dicevo: 'La prossima spero di non affezionarmi così perché mi permetterà di essere più lucido'. Ci sono ricascato. Mi sono affezionato alla piazza, a tutti quelli che lavorano per la piazza, che sono persone straordinarie e che ho qua (si tocca il cuore, ndr) dopo 4-5 mesi".

Qual è il suo rapporto con i giocatori? "Io li rispetto ancora di più perché, non ci nascondiamo, la situazione non è felice, lo sappiamo tutti. Loro cercano ogni partita di dare tutto, qualcuno anche oltre le proprie possibilità per uscire con la testa alta, chiedo loro solo quello. Umiltà e orgoglio".