Zaza e il futuro: "Dovevo cancellare fin da subito il marchio di testa calda"

Zaza e il futuro: "Dovevo cancellare fin da subito il marchio di testa calda"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 23 luglio 2013, 09:20News Doria
di Stefano Orengo

Simone Zaza e il Sassuolo, due "matricole" della massima categoria con la voglia di far bene in Serie A e dimostrare di non essere state semplici sorprese del campionato cadetto. L'ex attaccante della Sampdoria, ora in compoprietà tra la Juventus e i neroverdi, si confessa a La Gazzetta dello Sport, cominciando la sua intervista dai consigli datigli dal suo nuovo tecnico Eusebio Di Francesco. "Mi ha spiegato che nel calcio se ti attaccano un eti­chetta sei morto: dovevo can­cellare subito il marchio di “te­sta calda” - spiega Zaza -.. Penso di aver già vinto questa battaglia. Il mio mo­dello di centravanti? Sicura­mente Ibra. Le sue acrobazie sono magie, che a volte provo anch’io. Poi mi piace Cavani. Lo vedi lottare in ogni angolo del campo e se ha la palla giu­sta non sbaglia. Ibra e il Mata­dor: fisico e piedi buoni.

Un'estate particolare da uomo mercato, quella vissuta dall'attaccante, vissuta nell'unico modo possibile: "Stando tranquillo. Ma non è stato facile. Devo ringraziare la mia fidanzata Federica e il mio amico Francesco. Oltre a mamma Caterina, ho un ta­tuaggio con la sua immagine. Ora sfiderò la "mia" Juve (al trofeo Tim in programma oggi, ndr). La società bianconera è proprietaria di metà del mio cartellino e credo che qualsiasi giocatore sogni di giocarci. Pe­rò “quella maglia” devo meri­tarla disputando una grande stagione nel Sassuolo. Cosa mi piace della forma­zione di Conte? Inutile che faccia l’elenco dei campioni della Juve. Chi non conosce Buffon, Chiellini, Pirlo, Marchisio, Vidal, Pogba, Tevez, Vucinic? E potrei conti­nuare. Quello che sorprende dei campioni d’Italia è che rie­scono a vincere anche quando giocano male.

Ma c'è stato un momento in cui Zaza ha pensato di non riuscire a entrare nel calcio che conta? A questa domanda lui risponde così: "Il periodo più duro è stato quando a diciotto anni l’Ata­lanta mi mise fuori squadra per sei mesi perché non volevo rin­novare il contratto. Il momento più triste, invece, è coinciso con la retrocessione dell’Ascoli. I miei diciotto gol non sono ba­stati. Ho vissuto questo risulta­to negativo come un piccolo tradimento nei confronti della gente che mi ha voluto bene".