ESCLUSIVA SN - 1946, Nuti: "Souness, cuore da highlander"

10.02.2015 19:46 di  Matteo Rosagni   vedi letture
ESCLUSIVA SN - 1946, Nuti: "Souness, cuore da highlander"
© foto di Sampdorianews.net

Approdò alla Sampdoria dopo aver vinto tutto, in Inghilterra ed in Europa, con la maglia del Liverpool e fu un giocatore della cui esperienza Paolo Mantovani volle servirsi per far crescere quei giovani blucechiati che sarebbero poi andati a comporre la magnifica rosa della Sampd'oro: stiamo parlando Graeme Souness, indimenticato centrocampista di origine scozzese. Quest'oggi, per la nuova puntata di 1946, la rubrica di Sampdorianews.net dedicata ai 68 anni della Sampdoria, abbiamo avuto il piacere di ascoltare i ricordi che ha di lui il giornalista Beppe Nuti:

"Cari amici, il giocatore di cui vi voglio parlare oggi è un giocatore che io definisco Braveheart, che fu importantissmo per la Sampdoria che nasceva, la Sampdoria dei giovani leoni: si chiama Graeme Souness. Veniva dalla Scozia, era un autentico fuoriclasse, un giocatore che grazie alle sue capacità tecniche abbinate al suo tenace temperamento, vinse tutto quello che c'era da vincere, prima di arrivare in blucerchiato. A Liverpool, con i Reds, è stato una vera istituzione, Capitano, ha dominato in Inghilterra e in Europa nei primi anni '80: in Premier League conquistò cinque titoli, quattro FA Cup, competizione che conta, non come da noi la Coppa Italia. In Europa vinse addirittura tre Coppe dei Campioni: nel '78, nell''81 e nell'84. Quest'ultima fu la prima decisa ai calci di rigore e se la aggiudicò all'Olimpico di Roma, contro la Roma. In quella occasione ci fu anche un piccolo siparietto, quasi "clownesco" se vogliamo, del portiere del Liverpool Bruce Grobbelaar, che facendo mosse piuttosto strane, muovendosi con le gambe, con le braccia, volle influenzare negativamente i rigoristi giallorossi e fu proprio così, con gli errori dei Romanisti dal dischetto, che il Liverpool si aggiudicò la Coppa.

Ma chi era poi Graeme Souness? Tutti lo chiamavano Charlie Champagne, un po' per la vita che faceva al di fuori del campo, non perché bevesse, ma come tutti gli Scozzesi, quelli del Regno Unito, gli piaceva il famoso "terzo tempo". Era soprannominato anche Magnum PI, per la somiglianza con Tom Selleck, protagonista del telefilm poliziesco americano.

Souness giocò cinque anni nel Middlesbrough e successivamente otto anni nel Liverpool: Mantovani lo portò a se perché fu uno dei primi tasselli di quella che sarebbe diventata poi la Sampdoria che avrebbe vinto lo scudetto. Bisognava trovare dei giocatori come lui, Francis, Brady, che avessero esperienza internazionale e quel carattere importante per far crescere quella squadra dei giovani ManciniVialli, Pari, Pellegrini. Aveva una grandissima personalità: era un personaggio che non scendeva a compromessi. Ad esempio di ciò, si potrebbe ricordare che il primo anno in blucerchiato andò tutto bene, giocò un grandissimo campionato e portò la Sampdoria a vincere la prima Coppa Italia della sua storia. L'anno successivo però, forse per errore o forse solo per stimolarlo, non si sa, la Sampdoria acquistò dal Como il giovane Matteoli. A quel punto vi furono due registi in squadra e Souness mal sopportò questa fatto, mal digerendolo e decise di andarsene.

Giocatore di grandissimo temperamento, non ha mai tirato indietro la gamba, aveva una giusta dose cattiveria calcistica ed era una sorta di allenatore in campo, comandava. E' stato uno dei calciatori che personalmente ho apprezzato di più, l'ho reincontrato anche a Liverpool quando allenava la squadra che perse la famosa semifinale contro il Genoa. Ebbe anche dei problemi cardiaci, ma li superò brillantemente, perchè, come dico io, ha un cuore da Highlander. Pensate che quando smise con la Sampdoria, tornò in Scozia e giocò ancora 58 gare con la maglia dei Rangers di Glasgow. Aggiungiamo poi che disputò anche più di 50 partite in Nazionale scozzese, segnando anche dei goal ed era presente nella famosa fase finale dei Mondiali a Messico '86

Io ricordo questo giocatore che ha contribuito a far crescere quella che poi è diventata la Sampd'oro, grazie a questa sua personalità e a questa sua grinta, quella, come ho detto, di un vero Highlander scozzese. La Sampdoria gli deve molto, come, d'altronde, anche lui deve molto alla Sampdoria, perché comunque in quegli anni lavorare con Mantovani in quella squadra che stava nascendo era una grandissima soddisfazione, il pubblico l'ha amato e lui è rimasto molto legato anche alla nostra città, che in un certo quel modo, qualcosa di inglese, di scozzese, ha".

RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.SAMPDORIANEWS.NET