ESCLUSIVA SN - Festa UTC, Louis: "Essere Ultras vuol dire essere protagonisti. Gradinata Sud è stata una scuola di vita"

22.06.2019 17:38 di Lidia Vivaldi   vedi letture
ESCLUSIVA SN - Festa UTC, Louis: "Essere Ultras vuol dire essere protagonisti. Gradinata Sud è stata una scuola di vita"
© foto di Sampdorianews.net

Nella prima delle tre serate della Festa per i 50 anni degli Ultras Tito Cucchiaroni uno degli ospiti d'onore è stato l'autore del libro "Ultras, gli altri protagonisti del calcio", Sébastien Louis che, insieme ad alcuni ragazzi degli UTC, ha condotto un interessante dibattito sulla nascita degli ultras a Genova e sul movimento delle tifoserie organizzate in Europa e nel mondo. 

Sampdorianews.net, presente alla festa, ha avuto il piacere di intervistarlo in esclusiva per approfondire alcune tematiche trattate nel libro, e per una riflessione sull'attualità del movimento ultras.

Come hai raccontato durante la presentazione del tuo libro, sei un ultras del Marsiglia. Hai conosciuto la realtà blucerchiata per via dell'amicizia tra le due tifoserie? "Ho iniziato a fare parte degli ultras del Marsiglia nel '94, prima ero un semplice tifoso. I nostri primi ultras guardavano sempre all'Italia, e ho voluto conoscere la realtà italiana. La prima curva che ho voluto conoscere è la Gradinata Sud: era come un'università dove poter studiare, sia per il gemellaggio, sia perché sapevamo che c'era il primo gruppo che ha adottato il nome "ultras". Così nell'aprile '96 sono partito dal Lussemburgo, ho attraversato tutta la Francia e sono venuto a Genova per partecipare con gli UTC alla trasferta di Udine. È stato un viaggio molto importante perché ero da solo, e parlavo pochissimo la lingua. Ho imparato il mio italiano un po' colorito sui pullman degli ultras, nelle tante trasferte successive, andando a vedere le partite ospitato dai ragazzi delle diverse tifoserie."

Questo forte spirito di aggregazione e di accoglienza è una peculiarità del mondo ultras: anche quando si è da soli si è sempre parte di un gruppo... "Ed è molto bello. Io provenivo dal ceto medio, dal Lussemburgo sono arrivato a Marsiglia, che è una città difficile, vedevo anche gente con i coltelli, qualcuno con la droga, ma alla fine era qualcosa di marginale rispetto al gruppo. Quello che importava davvero erano i colori bianco e blu, e tu potevi essere un avvocato o un delinquente, ma eri giudicato soltanto per la tua fedeltà al Marsiglia. Quella è una delle poche forme di vera meritocrazia, perché anche nella vita di tutti i giorni, per quanto si abbiano tante possibilità di studio e di carriera, rimangono sempre delle differenze tra classi sociali. Il mondo ultras si sottrae a queste differenze, e da qui viene il titolo del libro "gli altri protagonisti del calcio", perché essere ultras vuol dire essere protagonisti. Il tifoso, la maggior parte delle volte, è solo uno che partecipa, l'ultras crea uno spettacolo dentro lo spettacolo. Puoi essere di destra o di sinistra, di ceto alto o popolare, di qualsiasi provenienza, ma quello che conta è solo la tua fede ai colori, che siano il bianco e blu o il blucerchiato. E anche se il calcio è un mondo sessista, in fin dei conti è solo uno specchio deformato del sessismo che è comunque presente nella società. Credo che la Gradinata Sud a Genova sia stata una scuola di vita per tante generazioni di genovesi e non solo, perché ci sono ragazzi che sono ultras della Sampdoria ma vengono da altre città e regioni d'Italia, portando la loro passione. Quando io arrivavo a Genova per la partita, ed ero senza soldi, c'era sempre qualcuno pronto ad ospitarmi, in nome dei valori del gruppo."

In questi 50 anni di vita degli UTC il calcio è molto cambiato, è finito sotto i riflettori diventando quasi uno spettacolo e non più uno sport. Nel calcio del 2019 c'è ancora spazio per gli ultras, e come può convivere un movimento legato a un'idea di calcio "vecchio stile" con il football moderno? "Questo è un punto importante, il calcio non è più uno sport ormai da decenni, è un'industria leisure-time, un'industria del divertimento. Se si volesse portare allo stadio la gente che ama davvero il calcio non si metterebbero biglietti a 30-40 € per partite di bassa Serie A, la realtà è che la Lega, la Federazione, le autorità e le pay-tv fanno di tutto perché la gente guardi il calcio in televisione. Poi si vorrebbero gli stadi pieni, ma è una contraddizione.

È possibile essere ultras nel 2019? "È difficile, ma io penso di sì, essere ultras ha a che fare con la sociologia. Nella società le norme cambiano sempre: per esempio negli anni '70 una ragazza che avesse voluto giocare a calcio non avrebbe avuto possibilità, mentre adesso si fa di tutto per incentivare il calcio femminile. Allo stesso modo essere ultras negli anni '70 era diverso dall'esserlo negli anni '80, come è diverso esserlo negli anni 2000. Oggi fa quasi sorridere parlare di "mentalità ultras" come qualcosa di immutabile: essere ultras vuol dire anche adattarsi, ma senza mai perdere lo spirito di ribellione, di contro-cultura, e di antagonismo. Con questo non intendo però spaccare tutto, ma piuttosto riflettere sulle leggi che vanno ad interessare la società intera, come la diffida di piazza di cui abbiamo parlato nel dibattito. A Genova c'è stata la manifestazione con gli striscioni che citavano l'articolo della Costituzione italiana sulla libertà di espressione, puntando il dito su quelle leggi che non rispettano tale principio costituzionale. Allo stesso modo si deve riflettere sul divieto di trasferta per motivi di ordine pubblico perché, se pensiamo al di fuori del calcio, questo significa che forse un giorno si potrà vietare ad un genovese di andare a Milano perché c'è una manifestazione e si vuole meno gente possibile. Dunque essere ultras è ancora possibile, è dura ma bisogna esserlo con la testa. È vero, era più bello prima, la gradinata, il tifo, ma oggi la gente è più consapevole della repressione che si vive nel mondo del tifo. In ultimo, una festa come questa degli UTC dimostra che gli scontri di cui tanti parlano sono soltanto l'1% della vita degli ultras. In questi giorni tanti ragazzi e ragazze hanno rinunciato gratuitamente al loro tempo libero per organizzare questa festa e fare divertire tanta gente. Questo è essere ultras, l'aggregazione. Certo, la violenza esiste e non bisogna negarlo, ma è una minima parte, la società stessa è violenta. Mettere i biglietti a 40 € per una famiglia senza lavoro è una forma di violenza simbolica, ma è come cacciare la gente dallo stadio. Dobbiamo avere uno sguardo a 360°."

Hai conosciuto tantissime realtà del tifo e del fenomeno ultras in giro per il mondo, qual è per te la particolarità della tifoseria della Samp, una caratteristica che la distingue dalle altre? "Ovviamente i colori blucerchiati che, anche se i cugini paragonano ai ciclisti, sono colori geniali, unici. Infatti sui bandieroni ci sono poche scritte o slogan, la maggior parte hanno solo i colori perché tutti, vedendoli, capiscono subito di che squadra si tratta, e il riferimento va subito alla Gradinata Sud. In secondo luogo, per via del nome "ultras" che è nato qui a Genova, e che adesso troviamo dall'Indonesia alla Colombia, dalla Palestina al Canada, dalla Norvegia al Lussemburgo. Credo che questo sia il migliore retaggio che si possa lasciare. E infine, ovviamente, la passione, perché è una tifoseria molto legata ad una squadra che ha avuto alti e bassi, ma relativamente pochi anni d'oro rispetto alla sua lunga storia, e ha un derby che è uno spettacolo. La gente viene da tutta Europa per vedere il Derby della Lanterna, e qui alla Festa degli Ultras sono venuti addirittura due ragazzi dal Marocco per partecipare a questo evento. Tutto questo fa pensare fino a che punto sia conosciuta questa realtà: l'Italia ha esportato nel mondo la gastronomia, la moda, le auto, il design... ed anche gli ultras".

Per approfondire e conoscere le tematiche trattate nel libro "Ultras, gli altri protagonisti del calcio", visita la pagina Facebook ufficiale

RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE SAMPDORIANEWS.NET

© foto di Sampdorianews.net