De Ponti: "Tifo sempre per le squadre dove ho giocato e sono stato bene"

03.01.2014 21:44 di  Serena Timossi   vedi letture
De Ponti: "Tifo sempre per le squadre dove ho giocato e sono stato bene"
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L'ex attaccante Gianluca De Ponti, detto Gil, che vestì la casacca blucerchiata nel campionato '80-'81, ha ripercorso la sua carriera e le sue vicende di salute ai taccuini di Tuttomercatoweb.com:

Non è mai arrivata la chiamata di una grande squadra, oppure è stato lei che non l'ha voluta prendere?
"No non è che sono stato io, a quei tempi quando una grossa squadra ti richiedeva sparavano delle cifre enormi e a allora ho avuto la sfortuna. potevo andare a Roma e Napoli, ma cercavano i grossi nomi e sono sempre rimasto nelle squadre modeste diciamo".

Si è scritto che lei era un giocatore dal carattere ribelle, si è scritto a proposito dei suoi capelli lunghi, dei suoi baffoni, c'era qualcosa di vero?
"Era un po' esagerata. Ero un po' estroso come sono tutti i ragazzi giovani, poi maturando è logico che entri nel calcio professionistico, dove le società investivano i soldi per te e quindi toccava fare la vita regolare".

E' vero che nei momenti liberi portava al guinzaglio un oca?
"Fu uno scherzo di quando ero giovane, trovai questa anatra a Cesena e ebbu l'idea di portarla in centro là e da lì venne fuori".

Sull'etichetta "figlio delle stelle" che le era stata data dalla canzone di Sorrenti che andava molto di moda, perchè probabilmente le piaceva andare in discoteca la sera?
"Mi piaceva star fuori come tutti i giovani, si ripete sempre questa questione giovanile, ora sto recuperando quello che ho fatto da giovane, vado a letto presto ora che non gioco, prima andavo a letto tardi, però sempre nelle dovute maniere".

Chi era realmente De Ponti in campo?
"Io ho sempre dato l'anima dove sono andato,era un calcio vero, ora mi sembra più macchinato con falli tecnici, in certi momento non è che mi piaccia molto".

L'Avellino è stata la squadra con cui ha segnato di più nel calcio, è l'esperienza a cui è più legato?
"No veramente sono legato con tutte, anche con la Fiorentina ho fatto il tipo da quando sono nato. L'Avellino mi fa piacere lo sto seguendo anche ora in serie B, spero che riesca a venire in Serie A, ma sono più legato al Cesena, al Bologna , perché ho un figlio bolognese e lì mi sono sposato e la Fiorentina. Poi tifo sempre per le squadre dove ho giocato e sono stato bene".

Il gol a cui è maggiormente legato?
"Non ne ho fatti molti, perché ero abituato a rientrare e aiutare e poi a quei tempi c'era a ogni partita fare un punto era come farne tre oggi, perciò di gol ne ho fatti tanti, mi ricordo quello con il Bologna, quando si vinse 2-1 con l'Inter, mi ricordo il primo gol in serie A. Ho sempre fatto dagli otto ai dieci gol alla volta non tanti".

"A chi mi ispiravo? A me stesso, mi hanno perfezionato, sono nato dal niente, non ho avuto scuole. Ho avuto il maestro Marchioro che mi metteva al muro per migliorarmi e ci sono riuscito".

"Il difensore più difficile da affrontare? A quei tempi stavano a uomo, ti picchiavano, dico il mio amico Galdiolo, ho sempre avuto Manfredonia, Gentile era difficile anche per loro marcarmi, perché ero un tipo di punta che mi piaceva smarcarmi".

Dopo la fine della carriera è iniziato anche il calvario, un tumore due operazioni al cervello e il dubbio che tutto questo potesse anche essere legato al calcio
"Si il dubbio l'ho creato io, perché sono convinto, perché quando i casi diventano cento o più, non sono più casi è realtà. Io non dico che ci hanno dato della roba, qualcosa ha fatto male, possono aver fatto male gli sfiammatori, queste cose qui, alla fine sono anche stufo di parlare sempre di queste cose, tanto non abbiamo risolto nulla, e i parenti dei miei colleghi che sono morti non hanno mai avuto soddisfazione di sapere nulla, perché vogliono insabbiare tutto, però la gente capisce non è stupida. Quando dagli anni '70 a oggi muoiono ex giocatori, l'altro giorno è morto l'ex portiere del Cagliari, aveva 53 anni, è inutile andare a insabbiare le cose, qualcosa ha fatto male. Io non dico che ha fatto male il doping, ma si sta pagando le conseguenze".

Nel suo caso il lavoro dei medici non è stato impeccabile
"Ho avuto lo sbaglio dell'esame istologico, il tumore diagnosticato era maligno, ma avevano detto che era benigno e ho avuto sfortuna e dopo quattro anni che mi operai ci sono ricascato dentro e lì ci ho messo in ballo tutta la mia carriera da allenatore, perché era bello allenare, Sibilia mi voleva bene, si vinse il campionato in serie C. Avevo una società che mi voleva bene e lì non sono più andato avanti. Posso essere contento perché oggi ne parliamo".