DORIA ALE’ CAMMINEREMO CON TE – Diga: respinto e non spinto

Approfondimento dedicato al centrocampo doriano.
15.11.2019 09:32 di  Corrado Camera   vedi letture
DORIA ALE’ CAMMINEREMO CON TE – Diga: respinto e non spinto
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Spesso, per definire la compattezza del reparto mediano di una squadra, si usa il termine diga.

Riesce infatti a rendere perfettamente l’idea di un blocco unico e unito in grado di limitare onde di piena e danni conseguenti, rilasciando solo quella quantità d’acqua che permette la vita e non crea pericoli. Certo però la diga è una struttura passiva, sta lì, non si sposta, e l’acqua le sbatte contro.

Il centrocampo di Mister Ranieri, contro l’Atalanta, ha fatto precisamente questo. I nerazzurri hanno tenuto il pallone per larga parte del match, hanno provato a sviluppare gioco con una buona trama di passaggi, hanno tentato qualche verticalizzazione per sfruttare la velocità di Muriel, ma si sono inevitabilmente scontrati con il blocco della mediana blucerchiata.

In questo caso la staticità della diga, del reparto, non va vista come mancanza di movimento dei singoli ma come movimento corale che permette di mantenere compattezza. Ogni interprete sa che rappresenta solo una parte della struttura ed è pronto a lavorare insieme a chi gli è accanto e ad aiutarlo.

A ripensare alle prime giornate di campionato, quando il centrocampo veniva spesso scavalcato e preso in velocità, è sembrato di guardare una squadra differente. E questo non solo per la diversa disposizione in campo ma anche per l’attenzione reciproca e i movimenti coordinati. Allo stesso modo della diga però, il centrocampo ha principalmente respinto e non spinto, occupandosi decisamente più di difendere in confronto all’offendere.

Vieira ed Ekdal, nel cuore del campo, hanno giocato una partita simile e complementare. A turno uno si alzava per aiutare gli attaccanti, o gli esterni nel pressing alto sul portatore di palla e l’altro stava più basso a dare copertura. De Paoli e Jankto invece, a seconda di dove si svolgesse l’azione, sono stati sempre pronti ad aiutare il terzino sul laterale o a scivolare verso il centro del campo per raddoppiare sui trequartisti.

A livello di corsa, di attenzione e di intensità nei contrasti, tutti e quattro gli interpreti hanno giocato una partita più che buona. Nessuno si è risparmiato e anzi si è vista in ognuno quella voglia di lottare che è imprescindibile per ottenere un qualsiasi risultato utile.

Per quanto riguarda la fase attiva, c’è invece ancora tanto lavoro da fare. Lo ha ammesso a fine partita pure Ranieri. Considerando però che la partita è stata impostata per contenere ed eventualmente colpire in contropiede, non aver subito reti dal miglior attacco della Serie A è decisamente un merito e il ruolo del centrocampo in questo risultato è stato determinante.

Come con il Lecce e con la SPAL, si è sperato che l’ingresso di Ramirez negli ultimi venti minuti e la superiorità numerica portassero benefici nello sviluppo della manovra offensiva. In realtà si è visto proprio poco di più rispetto al resto della partita.

Al fischio finale però, la mia personale sensazione è stata quella di un buon punto guadagnato, piuttosto che di due persi. Vista la scottatura di inizio stagione e la classifica non ancora rosea, non direi però che la Sampdoria e il suo centrocampo, un po’ la bilancia dell’intera squadra, siano completamente guariti.

Si nota però una fiducia crescente e la stabilità difensiva che si sta costruendo dovrebbe essere una buona base su cui lavorare per migliorare la fase di possesso.