Bertarelli: "Quell'infortunio alla Samp mi ha cambiato la carriera"

Quella di Mauro Bertarelli è una storia che tutti i tifosi della Sampdoria ricordano o che sicuramente hanno sentito nei racconti di qualche tifoso di lungo corso, è la storia di un ragazzo dotato di un grande talento che la sfortuna ha colpito duramente proprio quando il grande calcio iniziava ad accorgersi di lui. Ai microfoni di tuttolegapro.com ha parlato della sua carriera, soffermandosi anche sui quattro anni alla Sampdoria, ma soprattutto ha spiegato come ancora oggi sia vivo in lui il ricordo di quel 29 settembre 1994, quando durante un match di Coppa delle Coppe in maglia blucerchiata un terribile infortunio cambiò la sua carriera.
Possiamo definire la tua carriera un "poteva essere ma non è stato"?
"Sì, effettivamente possiamo definirla benissimo così: un poteva essere ma non è stato. Quell'infortunio mi ha cambiato la carriera. Se non ci fosse stato, sicuramente si sarebbero aperti scenari inaspettati. Sono soddisfatto comunque di essere rimasto a buoni livelli nonostante quell'infortunio, anche in B. Effettivamente le prospettive erano altre".
Quel 29 settembre 1994 - giorno dell'infortunio - l'hai cicatrizzato dentro di te?
"No, ancora lo ricordo benissimo. Provo ancora tristezza e amarezza: con la Sampdoria avevo iniziato a trovare spazio e posso confessarti che l'allora Direttore sportivo della Samp, Paolo Borea mi aveva anticipato che Arrigo Sacchi mi avrebbe convocato di lì a poco in nazionale".
Le cronache di quegli anni parlavano di un giocatore dal sicuro avvenire.
"Diciamo che non ero scarso. Purtroppo c'è stato questo episodio che mi ha compromesso la carriera: dovevo fare 24 anni ed ero nel clou. Dopo quell'infortunio, come ti dicevo, sono rimasto a buon livello, ma le aspettative erano altre".
Dopo un incidente simile non è neanche facile a livello psicologico tornare quello di prima.
"E' stata dura: sono stati due anni dove ho subìto due interventi che alla fine non si sono rivelati risolutori. Ogni volta che provavo a bruciare le tappe il ginocchio si gonfiava. Anni dopo mi sono operato altre due volte. Posso farti un termine di paragone molto forte: come avere un tumore e piano piano vai a morire. Ho smesso a trent'anni, questo penso faccia capire tutto".
C'è una leggenda che narra come Gianluca Vialli fosse l'unico che potesse sopportare Roberto Mancini. Era così insopportabile il capitano della Samp?
"Ride imbarazzato prima di rispondere: "Era uno sempre sul pezzo "il Mancio" e non mi meraviglio che sia diventato un grande allenatore visto che già in campo era prodigo di consigli. Rispondendo alla tua domanda posso dirti che quando giocavi accanto a lui, non dico che fossero rose e fiori, ma se sbagliavi qualcosa, non gli passava la mosca al naso. Non era facile sopportarlo e se ti prendeva di mira non passavi momenti molto piacevoli".
Alla Samp non era facile trovare spazio.
"C'erano giocatori di caratura internazionale come Platt, Jugovic, Gullit. Potevi solo imparare stando accanto a loro".
So che il difensore più duro che hai affrontato lo avevi in squadra alla Sampdoria: Pietro Vierchowod.
"Un vero mastino. Ne ho trovati pochi di difensori come lui. Il giovedì nella partitella erano dolori e la frattura alla mandibola me l'ha procurata lui. Prima della partita era un tipo molto schivo e taciturno, però in campo era un vero animale. Per fortuna che l'ho avuto più spesso come compagno che come avversario".
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