ESCLUSIVA SN - Munari: "Ricordo Varese come fosse ieri. Svolta nella testa. Il cappellino di Iachini..."

Torna l'appuntamento con Giocavamo insieme sempre io e te..., una iniziativa targata Sampdorianews.net, dedicata alle partite e alle stagioni che hanno fatto la storia della Sampdoria. Le andremo a rivivere direttamente con i protagonisti, grazie ai loro racconti di episodi e aneddoti, brividi e stati d'animo. In una data speciale come il 9 giugno abbiamo avuto il piacere di contattare in esclusiva Gianni Munari, con il quale abbiamo rivissuto le emozioni della stagione della promozione 2012, e tutto il pathos della finale in due atti contro il Varese.
"La stagione 2011-2012 era stata lunga, tortuosa. Io ero arrivato a gennaio e posso parlarne soltanto positivamente, ma i giocatori che hanno vissuto l'intera annata avevano passato un girone di andata molto difficile. Per noi che eravamo arrivati nel mercato invernale fu un susseguirsi di soddisfazioni, recuperammo tanti punti sulle prime, riuscimmo ad agganciare i play-off nelle ultime giornate.
E' stata sempre una rincorsa, e non è mai semplice quando devi inseguire in quel modo. A Castellammare arrivò la vittoria che ci garantì l'ingresso nei play-off, con un gol mio e uno di Icardi, ma a inizio gara eravamo andati in svantaggio, pur avendo avuto nel primo tempo alcune occasioni. Io segnai l'1-1 e poi, in inferiorità numerica, arrivò il 2-1 insperato. Eravamo 10 contro 11, fuori casa, in uno stadio pieno che festeggiava, per di più su un campo sintetico in un pomeriggio torrido. Una vittoria ci avrebbe mandato ai play-off, sapevamo che per noi sarebbe stata una partita determinante, e nonostante le difficoltà andò bene.
Nessuno si aspettava di arrivare in finale e trovare quel clima, nella gara di andata il pubblico, il calore che c'era, era pazzesco. Entrare in campo fu uno spettacolo, la gradinata piena e i tifosi caldissimi. Sampdoria-Varese fu la partita più bella di quei sei mesi. E' stata un'emozione continua, loro avevano rimontato due volte, poi riuscimmo a segnare nel finale il 3-2, e nonostante la pressione del Varese i tifosi erano sempre carichi, ci incitavano. Fu bello vedere negli ultimi due-tre mesi di quel campionato l'unione tra noi della squadra e la gente, ci credevamo, sapevamo che si poteva fare.
Il Varese in finale non fu un avversario facile, loro avevano eliminato il Verona, la squadra che, insieme alla Sampdoria, aveva l'organico più esperto, poteva ambire alla promozione. Il Varese aveva in panchina mister Maran, un tecnico che sta facendo un'ottima carriera anche in Serie A, erano molto preparati, avevano giocatori di categoria che già l'anno prima avevano giocato i play-off ed erano molto motivati.
Noi però eravamo straconvinti, si era creato un ambiente all'interno dello spogliatoio davvero fantastico. Fu bravo il mister, ma fummo bravi anche noi a crederci fino in fondo. Iachini lo conosciamo, è uno che ti incita, che vive di pancia tutti i 90 minuti, tutta la settimana, per sei mesi ci ha tenuti sul pezzo, sempre, e il risultato gli ha dato ragione.
Quando arrivammo a Varese eravamo carichi, anche se all'inizio sbagliammo un paio di occasioni. Loro ebbero due o tre occasioni importanti, è stata una gara molto aperta. Nel primo tempo ci fu la traversa di Neto Pereira, e all'ultimo minuto fu Plasmati a sbagliare un gol di testa, dove la palla uscì di pochissimo, sono passati otto anni ma ricordo questa partita come fosse ieri.
Se fossero riusciti a portarci ai supplementari sarebbe stata tosta, il Varese era una squadra molto organizzata con ottimi giocatori. Noi siamo stati bravi a difendere il risultato dell'andata, cercando inizialmente di coprirci e ripartire in contropiede. Con i giocatori che avevamo davanti sapevamo che, prima o poi, avremmo potuto far male all'avversario.
Nel momento in cui segnammo io ero in panchina, ero uscito pochi minuti prima per un dolore al ginocchio. Mi aveva dato problemi per tutti i play-off, facevo punture, mi allenavo e non mi allenavo, perché il ginocchio era veramente in cattive condizioni. Nel finale di partita non ce la facevo più, così fui sostituito e al gol di Pozzi non vi dico cosa successe in panchina... volò perfino il cappellino di mister Iachini, che non vuole che tocchi nessuno. Fu un'emozione e una soddisfazione incredibile, è bello rivivere questo ricordo a distanza di anni.
Al fischio finale abbiamo festeggiato con i tifosi sotto la loro curva, molti erano commossi, ma quelli tra noi che piangevano realmente tanto erano quelli che avevano vissuto tutta la stagione, avevano vissuto anche la retrocessione dell'anno precedente. Sono cose che ti rimangono, e il fatto di restare nella stessa squadra e cercare di riportarla in Serie A ti dà una responsabilità maggiore, ti accolli tanti pesi che a volte non servono neanche. Quelli che piangevano di più erano quelli che avevano vissuto tutto questo.
E' stato un peccato aver giocato in trasferta, di sera, con anche l'antidoping a fine partita che ritardò il nostro arrivo a Genova, dove ci aspettavano da due o tre ore. Questo ha fatto sì che non vivessimo a pieno la festa, sarebbe stato bello festeggiare anche il giorno dopo, ma eravamo ormai a metà giugno e c'era tanta stanchezza per aver inseguito a lungo l'obiettivo.
La festa contava, ma ancor più importante era aver raggiunto quell'obiettivo. Per tanti compagni che avevano vissuto l'intera stagione, era stata una rincorsa stressante e faticosa anche mentalmente. Ricordo che al nostro arrivo a Genova ci fecero salire sul palco, davanti a una marea di tifosi in piena notte. Ho ancora i video che avevo fatto quella sera, ogni tanto li riguardo e scappa la lacrima...
Non so se ci sia stato un fattore determinante per l'esito di quella stagione, fummo bravi sia noi che arrivammo a gennaio, sia coloro che c'erano già e che si misero a disposizione con il mister. Penso che Iachini sia stato bravissimo, eccezionale. Credo che la svolta sia stata a livello di testa, soprattutto nelle partite in casa.
Nelle prime partite che giocai al Ferraris io notavo che quelli che erano in squadra da inizio campionato giocavano con timore, con troppo peso sulle spalle. Noi che eravamo arrivati a stagione in corso non sentivamo quel peso, giocavamo più liberi, e abbiamo trascinato un po' tutti. Giocare in casa a Marassi è qualcosa di spettacolare, per me è lo stadio più bello d'Italia, perciò devi far tuo il fattore campo, è fondamentale. Quel susseguirsi di risultati in casa ci diede la forza e quella consapevolezza in più che ci fece arrivare fino in fondo.
Io ero un giocatore normalissimo, il pubblico doriano ha visto campioni come Mancini e Vialli, ma quando sono andato via dalla Samp ho ricevuto tantissimi messaggi di stima e affetto. Devo essere sincero, non me lo aspettavo, e mi ha fatto capire la passione unica che hanno i tifosi blucerchiati".
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