Gasparin: "Sono passati anni ma l’amarezza è la stessa di quando ho lasciato Genova"

18.05.2017 22:47 di Maurizio Marchisio   vedi letture
Gasparin: "Sono passati anni ma l’amarezza è la stessa di quando ho lasciato Genova"
© foto di Federico De Luca

Questa sera durante la trasmissione Blucerchiati su Antenna Blu, in collaborazione con Sampdorianews.net, è intervenuto Sergio Gasparin, dirigente sportivo, transitato da Genova per qualche mese sotto la presidenza di Riccardo Garrone in veste di direttore generale.

Luca Podestà ha chiesto al direttore, in veste di doppio ex, se il Doria riuscirà a difendere il decimo posto, domenica, contro la compagine friulana: “Sono due squadre che hanno indubbiamente dei valori tecnici di riferimento, ma, soprattutto sul fronte bianconero, hanno fatto un campionato al di sotto di quelle che erano le attese della società ma  anche della tifoseria friulana. L’Udinese può essere avvantaggiata, sopratutto per il fatto di giocare fra le mura amiche, questo indubbiamente pesa molto sull’economia del gioco, soprattutto quando, verso la fine del campionato, gli stimoli stante a questo tipo di situazione sono sicuramente più modesti rispetto a quelli che potrebbero essere se, le squadre, si giocassero un posto in Europa, o, magari, per evitare una situazione di pericolo nella bassa classifica. Sono due squadre che viaggiano senza particolari patemi di classifica e dunque nella situazione ideale per disputare una bella partita, dal punto di vista tecnico tattico, e, se devo esprimere un pronostico devo dire che la Sampdoria è favorita sull’Udinese nel mantenimento del posto in classifica e anche per quanto riguarda l’esito della partita.

Il goal di Rosemberg è stata una beffa atroce. Noi avevamo dominato in lungo e in largo ed eravamo andati molto più vicini noi al quattro a zero che al tre a uno la squadra ospite. Ci ha punito per un eccesso di sicurezza, noi trenta secondi prima del goal di Rosenberg avevamo la palla in nostro possesso ed era sufficiente tenerla anziché andare a fare quell’azione che poi finì fra le braccia del portiere e poi sul rinvio dello stesso, prendemmo goal. Fu un eccesso di sicurezza tanta era la differenza in quella partita fra noi ed il Werder Brema. Questo è il mio primo rammarico.

Il secondo rammarico è di non aver portato avanti un progetto in una città, in una società, a cui mi ero affezionato e dove io volevo bene alla gente e la gente mi ha voluto bene nonostante sia rimasto nel capoluogo ligure solo otto mesi. Questo è dipeso perchè le intenzioni e le strategie che si erano messe a punto non trovavano la completezza e l’approvazione del comitato strategico, soprattutto in qualche persona. Questo riguardava il modo in modo particolare l’affronto del mercato internazionale, dove, io credo, i fatti hanno dimostrato che purtroppo per la Samp si sono perse delle opportunità clamorose dal punto di vista della risorsa tecnica e anche dal punto di vista dell’investimento economico e finanziario. Più che rabbia, resta grande amarezza per non essere andato avanti in quel tipo di progetto, io ricordo sempre che quando lasciai la Samp, eravamo a due punti dalla zona Champions League, ed avevamo fatto 26 punti e mancavano ancora due partite al termine del girone di andata, e poi, nelle ultime due partite del girone di andata e in tutto il girone di ritorno la Sampdoria riuscì a collezionare 10 punti e, purtroppo, arrivò quella dolorosissima retrocessione, soprattutto dal punto di vista sportivo ma, contemporaneamente, anche disastroso dal punto di vista economico. Quindi si interruppe un progetto che aveva delle basi importanti sotto l’aspetto programmatico, per tentare una strada, che a mio modo di vedere, non aveva nessuna logica, né capo né coda, cosa che feci presente in maniera molto precisa e molto forte, la volontà era comunque di andare a modificare un assetto organizzativo collaudato, perché, prima di me quella struttura poggiava su Beppe Marotta con gli stessi concetti e con gli stessi riferimenti. Si è voluto mutare in maniera completa quello che era l’assetto e, quando chi è responsabile dal punto di vista strutturale manageriale dell’intera società non ha più l’approvazione completa per quanto riguarda l’assetto strategico operativo della proprietà, non deve fare altro, a mio modo di vedere, che decidere di andarsene. Così è successo a Genova, sono passati anni ma l’amarezza è la stessa del momento in cui ho lasciato Genova. So che era una grandissima opportunità, una squadra che aveva tutte le caratteristiche per fare un campionato importante e, non solamente a centrare una salvezza tranquilla, ma anche un campionato di soddisfazione e di investimento per i tanti giovani che si erano seguiti, soprattutto a livello internazionale. Rimane ancora viva in me quell’amarezza e quel dispiacere per non essere riuscito a completare un progetto e un lavoro in una società così importante, in una città per me così affascinante che mi aveva estremamente coinvolto.

James Rodriguez? C’erano delle situazioni importanti, qualità ne posso avere poche, ma una di queste in assoluto è la riservatezza. Così come ritengo che lo spogliatoio sia sacro per definizione all’interno di una società. Il rapporto sotto l’aspetto specifico di quelle che sono state le situazioni che hanno portato a quel divorzio, in termini precisi, sui giocatori e sui riferimenti, li tengo per me, però, mi limito a dire, le opportunità che sono state perse tecnicamente ed economicamente sono state clamorose.

Paolo Bardetta di Sampdorianews ha chiesto, al dirigente originario di Schio, un parere sulla crescita di Giampaolo rispetto a quando era allenatore in seconda a Treviso: “Proprio dalla vostra città mi chiamarono in un momento in cui il tecnico era in difficoltà ed io espressi quella che era la mia stima nei confronti di questo allenatore. In quel momento, in studio, c’era chi, giustamente, era in disaccordo con quelle che erano le mie valutazioni rispetto all’allenatore. Io riconfermo adesso: credo sia un allenatore su cui si può costruire un progetto a scadenza pluriennale perché è un maestro di calcio, è un conoscitore dei dettami tecnico tattici con grande accuratezza, con grande professionalità, io, come giustamente ha ricordato lei, lo conosco da quando aveva iniziato a fare ufficialmente l’allenatore in seconda a Treviso perché non aveva fatto ancora il suo percorso o comunque il corso in prima categoria  e non poteva risultare il tecnico responsabile quando in effetti lo era sul piano pratico in maniera totale e, poi, la sua è stata una costante con qualche momento di difficoltà, come a Catania, ma devo dire con dei valori, e con un riconoscimento quando si va a vedere la squadra, che è illuminante rispetto al lavoro che c’è alle spalle.

Grazie di cuore, forza Samp ed un saluto a tutti i tifosi blucerchiati.”