ESCLUSIVA SN - Iolanda Nizzola: "Papà, Paolo Mantovani, Ing. Sinesi: seconda famiglia"

19.05.2021 14:08 di  Serena Timossi  Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA SN - Iolanda Nizzola: "Papà, Paolo Mantovani, Ing. Sinesi: seconda famiglia"

In occasione del trentesimo anniversario dello Scudetto, Sampdorianews.net ha avuto il grande piacere di intervistare in esclusiva Iolanda Nizzola, figlia di Baldo Nizzola, una delle figure fondamentali nella Sampd'oro di Paolo Mantovani. Nizzola, oltre ad essere un grande lottatore dal cuore blucerchiato, fu al fianco del Presidente nell'organizzazione del Torneo Ravano, insieme all'Ing. Luigi Sinesi, scomparso recentemente.

Come descriverebbe il legame tra suo padre e i colori blucerchiati? “Mio padre era un Sampdoriano esagerato, non da urla e strepiti come la sottoscritta, ma innamorato pazzo dei colori blucerchiati. La Sampdoria ce l'aveva dentro e con l'arrivo di Paolo Mantovani divenne una seconda famiglia. Quel periodo e quella squadra fanno parte della nostra vita, è difficile da spiegare. Eravamo tutti i giorni insieme, era davvero una seconda famiglia”.

Quali furono le sue sensazioni e quelle di suo padre il 19 maggio 1991, il giorno in cui il sogno Scudetto divenne realtà? “Ho la pelle d'oca. Finché l'arbitro non fischiò la fine non realizzai. Fu indimenticabile, purtroppo oggi molte delle persone che vissero quel momento non ci sono più. Ricordo bene la giornata, le cabale... Quel giorno faceva molto caldo, lo definirei un caldo assassino, ma io mi vestii in abiti invernali – giaccone e stivali in camoscio – proprio per cabala. Ricordo il suono incessante dei tamburi e quello fortissimo delle trombe all'entrata dello squadre in campo. Comunque, la settimana prima della partita, in famiglia non si è parlato di calcio, sempre per cabala. Poi libero sfogo all'inimmaginabile incredibile favola”.

La recente scomparsa dell'Ing. Luigi Sinesi ha posto sotto i riflettori una figura silenziosa, ma cruciale nella Sampd'oro. I suoi ricordi. “L'Ingegnere era una persona con un gran cervello ed era troppo forte, sapeva mandarmi a quel paese dandomi del Lei. C'era rispetto, non dimenticava mai nulla. Mio padre era il “braccio” del Torneo Ravano, colui che lo organizzava materialmente, l'Ing. Sinesi cominciava mesi prima, contattando gli sponsor, le scuole, la polizia, la fiera, curando i sorteggi. Io all'epoca lavoravo in un negozio di articoli sportivi e stampavamo migliaia di magliette. Preparava tutto al meglio e non scordava nessun dettaglio, grazie a lui non c'è mai stato alcun contrattempo”.

Ci può raccontare un aneddoto della collaborazione di suo padre e di Sinesi con Paolo Mantovani? “L'anno dello Scudetto ci recammo a Milano per la partita con l'Inter con un paio di auto. In autostrada avevo le gambe che tremavano già. In settimana ci sentivamo telefonicamente con Mantovani, mentre l'Ingegnere era spuntato in mezzo alla folla a Milano, in mezzo a tutti noi, per accertarsi che andasse tutto bene. Il Presidente era in tribuna, con Francesca, e uno dei ricordi più vivi è quando, dopo aver perso la finale di Berna, fece realizzare delle medaglie d'oro smaltate con i colori blucerchiati, su cui era scritto: “Né rabbia né dolore, ma grazie per il cuore”. Era una persona speciale. Durante il Ravano, il pomeriggio ci raggiungeva con i suoi figli, con l'Ingegnere e mangiava la focaccia con noi”.

Suo padre riuscì a portare un po' dello spirito olimpico in un torneo, come il Ravano, il quale di fatto è una sorta di piccola Olimpiade? “Ci ha provato, diceva: fateli giocare tutti, non solo i più forti, qui si viene per giocare e questa era la stessa idea, lo stesso spirito, di Paolo Mantovani”.

Quanto è fondamentale oggigiorno mantenere una tradizione come il Torneo Ravano? “E' assolutamente importante. Meno male che la famiglia Mantovani, attraverso Francesca e Ludovica, ha continuato a portarlo avanti, in una versione di certo più tecnologica e moderna di quello di allora”.

La scomparsa di Luigi Sinesi ci ricorda quanto sia lontana quell'epoca, cosa rimpiange del calcio di quegli anni? “Tutto, anche quando perdevamo, anche negli anni difficili prima della presidenza Mantovani, era diverso. Se avevi voglia di andare alla partita, potevi comprare il biglietto il giorno stesso, era un calcio più normale. Oggi ci sono troppi interessi. In quell'epoca i giocatori posteggiavano accanto alle nostre auto, venivano al Ravano con i loro figli, era Paolo Mantovani a volerlo e l'Ing. Sinesi a contattarli. Anche queste cose servono per avvicinare nuovi tifosi. A proposito di tifosi, ci tengo a ringraziare gli Ultras, i Fedelissimi, la Federclubs e tutti i gruppi presenti con gli striscioni e con la loro vicinanza ai funerali di Luigi Sinesi. Io sono cresciuta con gli Ultras di Tirotta, senza di loro ci saremmo scordati le coreografie, le trasferte. Il cuore vero della squadra è il tifoso”.

Quale è stato il giocatore della Samp dello Scudetto ad esserle rimasto più nel cuore? “Mancini e Vialli, è scontato dirlo. Io sono sempre stata Manciniana, ma lo Zar, Pietro Vierchowod era invalicabile, senza di lui là dietro non sarebbe stata la stessa cosa. Senza nulla togliere agli altri grandi giocatori di quella rosa, a Pagliuca, a Mannini. Se parliamo di simpatia, invece, Attilio Lombardo è imbattibile, una bella persona. Parlando dei giocatori di epoche precedenti, non posso non nominare Domenico Arnuzzo, il quale partecipò ai primi anni di organizzazione del Torneo Ravano”.
 

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