ESCLUSIVA SN - 1946, Nuti: "Brady, il giocatore che determinò il salto di qualità della Sampdoria "

16.04.2015 19:46 di  Roberto Lazzarini   vedi letture
ESCLUSIVA SN - 1946, Nuti: "Brady, il giocatore che determinò il salto di qualità della Sampdoria "
© foto di Sampdorianews.net

La rubrica di Sampdorianews.net dedicata ai 68 della Sampdoria oggi è lieta di ospitare il giornalista Beppe Nuti, che ha voluto raccontarci i suoi ricordi su quello che è stato uno dei grandi protagonisti della Sampdoria di Mantovani: Liam Brady. L’Irlandese, grazie alla sua enorme tecnica e alla sua notorietà internazionale, contribuì in maniera decisiva a far fare il salto di qualità a quella Sampdoria neopromossa, ancora ignara che, nel giro di pochi anni, avrebbe stupito l’Italia e l’Europa e avrebbe accarezzato le porte del Paradiso, segnando una vera e propria epoca d’oro:

“I Brady erano una stirpe di calciatori. Liam aveva tre fratelli maggiori: Patrick, che giocava nel Millwall, Ray, che giocava nel Queens Park Ranger, e Frank Junior nello Shambrow Rockrovers. Per completare questa stirpe c’era anche uno zio che giocava nel Burley. Questo per dire che Liam era cresciuto fin da bambino in una famiglia di calciatori. Nato a Dublino, viene  notato giovanissimo dai Gunners dell’Arsenal all’età di 13 anni. Il giorno del suo 17 compleanno firma il suo primo contratto da professionista, seguendo così le orme dei fratelli maggiori. Con l’Arsenal raggiungerà la maturità calcistica e la norotierà internazionale. vincerà la FA cup e disputerà le finali della stessa per 2 anni di fila, poi raggiungerà la finale di coppa delle coppe ’79-’80 eliminando quella che sarà poi la sua squadra, la Juventus. Nel mentre diventa anche un perno della nazionale irlandese, diventandone capitano. Nel 1980 diventa il primo giocatore straniero acquistato dalla Juventus dopo la riapertura delle frontiere e sarà subito protagonista vincendo due scudetti di fila. All’epoca c’erano però dei limiti agli stranieri che si potevano avere in squadra, pertanto la Juventus, per poter far posto a Michel Platini, fu costretta a rinunciare a Brady. Ciononostante fu proprio Brady, nell’ultima giornata di campionato, ad incaricarsi di battere il rigore decisivo per la vittoria dello scudetto della Juventus, malgrado sapesse già che sarebbe dovuto andar via. Fu allora, nell'estate nel 1982, che il presidente Mantovani e il suo braccio destro, il ds Paolo Borea, ebbero l’intuizione di offrirgli un posto da protagonista in quella che era una Sampdoria in piena costruzione, neopromossa ma allo stesso tempo ambiziosa. Brady, assieme a Trevor Francis e a Mancini, furono i tre grandi colpi con i quali Mantovani dichiarava all’Italia che la Sampdoria avrebbe puntato in alto.

Tra i tanti campioni che hanno indossato la maglia blucerchiata, Brady merita sicuramente un posto d’onore ed è ricordato come uno dei più grandi campioni arrivati alla Sampdoria nell’era Mantovani. Personalmente lo ritengo fra i migliori acquisti in assoluto dal 1946 ad oggi.  Era un centrocampista estremamente tecnico che sapeva fare tutto in mezzo al campo, grazie alla sua personalità e alla sua esperienza in campo internazionale maturata in 16 anni di militanza nella nazionale Irlandese, dove era capitano, con l’Arsenal in Premier e poi con la Juventus. Era una mezzala come non se ne vedono quasi più oggi, perché riusciva in egual modo a segnare, far segnare e a recuperare palloni. Splendidi erano i suoi lanci telecomandati oltre la difesa avversaria, veri e propri colpi di biliardo che mettevano i giocatori soli davanti al portiere. Aveva le doti del regista ma interpretava il ruolo in maniera diversa rispetto ad oggi, dove siamo abituati a vedere registi molto arretrati. Brady invece era un giocatore a tutto campo e riusciva a coprire tutto il centrocampo, andando dove lo portava l’istinto. Se dovessi paragonarlo ad un giocatore odierno mi verrebbe in mente un Iniesta, e anche un qualcosa di Xavi Alonso. Tutte queste qualità erano una manna specialmente per giocatori veloci come Mancini e Francis, per questo la Sampdoria era una squadra che sapeva essere letale in avanti. .

L’esordio per Brady è la Sampdoria fu esaltante. La Samp da neopromossa doveva affrontare alla prima giornata, a Genova, la Juventus campione d’Italia, che vantava fra le sue file campioni come, Platini, Boniek e freschi campioni del Mondo come Rossi e Zoff. Molti si aspettavano che la Sampdoria recitasse la parte dell’agnello sacrificale, e invece, come a volte succede nel calcio, quella domenic Davide riuscì a battere Golia. Brady, in cabina di regia, aveva il compito di innescare Mancini e Francis contro la difesa della Juve, che non era eccezionale. Tutti potevano aspettarsi il gol di uno dei tanti giocatori talentuosi in campo, ma nessuno poteva aspettarsi quello che effettivamente accadde: dopo aver annullato Rossi per tutta la partita, Ferroni rubò palla a centrocampo e iniziò una travolgente azione personale, arrivò al limite dell’area e, non sapendo a chi darla, scoccò una rasoiata incredibile che battè Zoff. Fu un tripudio e una giornata indimenticabile per i tifosi blucerchiati, e Brady potè gustarsi una piccola rivincita contro il club che aveva deciso di cederlo.

Brady continuò a fare benissimo alla Sampdoria, giocando 57 partite, e segnando anche parecchio, ma purtroppo nel 1984 fu ceduto all’Inter per tre miliardi e mezzo di lire. Passò poi all’Ascoli, dove giocò un anno, e infine tornò a Londra, al West Ham, dove chiuse la carriera. Brady merita un posto nella storia della Sampdoria per l’importanza che ebbe per la crescita della squadra, che con l’irlandese riuscirà a fare il salto di qualità e a raggiungere un livello che prima si poteva solo sognare. Essendo un ragazzo molto intelligente, Brady riuscì a prendere per mano la squadra, tanto che tutti i giocatori che giocavano al suo fianco riuscirono a crescere e a realizzarsi a livello professionale. Il suo acquisto fu un vero e proprio segnale che diceva all’Italia e all’Europa che la Sampdoria voleva dire la sua e che aveva grandi ambizioni in futuro. In quegli anni non si parlava ancora apertamente di scudetto, ma si cominciava a capire che la squadra avrebbe potuto andare lontano”.