Ernst Ocwirk fu forse il più grande "centromediano metodista"

Ernst Ocwirk fu forse il più grande "centromediano metodista"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
mercoledì 11 gennaio 2012, 09:20Giocavamo insieme, sempre io e te...
di Guido Pallotti

La memoria, che a noi, attempati tifosi, ci permette di ricordare le vecchie formazioni, dipende dal fatto che, fino al 1995, i calciatori che scendevano in campo avevano sulle maglie i numeri dall’uno all’undici; in questo modo rimane anche più facile, spiegare come si giocava nel dopo guerra, anche se il “metodo” e il “sistema” erano retaggio degli anni ’30, quando il gioco del “football”era diventato internazionale per via dei primi Campionati mondiali.

Il così detto “metodo”, consisteva nei due mediani (n° 4 e 6), che marcavano le ali avversarie, messi larghi e più alti rispetto ai terzini (n° 2 e 3), più stretti e arretrati; è facile dedurre che arretrando i due mediani sulla linea dei terzini, veniva fuori la difesa a quattro, che marcava a zona e che ha fatto grande Brasile. Il numero cinque, “centromediano metodista”, termine usato dai vecchi cronisti, aveva il compito di organizzare il gioco sia in difesa sia in attacco; in parole povere era colui che, poi sarebbe stato chiamato “regista”.

Ernst Ocwirk fu forse il più grande “centromediano metodista”, fu altresì giocatore e capitano di una rappresentativa dei migliori giocatori europei, selezione della quale avevano fatto parte anche Vujadin Boskov e l’italiano Giampiero Boniperti.

Nel ’56 avevo 17 anni ed ero un assiduo frequentatore della mitica gradinata sud; per noi ragazzi di Sampierdarena, esistevano esclusivamente e in questo ordine, la Sampdoria e il rock and roll, arrivato in Italia nel 1954, anche se farò sorridere più di uno, il sottoscritto, alla veneranda età di 72 anni, si considera ancora un “ragazzo del rock and roll”.

“ Se vedde subeto che o tedesco o l’è ‘n bon centr’alf metodista, o l’è un ch’o zeuga co-a testa ærta e o manda o balun donde o veu lê” (Si vede subito che il tedesco è buono centromediano metodista, è uno che gioca con la testa alta e manda il pallone dove vuole lui). Ci dicevano i vecchi tifosi in gradinata sud; anche se in realtà era austriaco, per loro era tedesco e il cognome Ocwirk era difficile da pronunciare.

Alcuni ricordi che ho di Ocwirk: mi raccontava mio cognato che a quei tempi giocava nelle giovanili della Sampdoria, che uno di loro, chiamato spesso ad allenarsi con la prima squadra, aveva detto al tedesco che in italiano “grazie” si diceva “belin” ed egli compito ringraziava tutti con un “belin”, quando però s’era accorto dello scherzo, aveva abbrancato l’autore della burla sotto le ascelle e l’aveva tenuto sospeso fuori della ringhiera della passeggiata di Nervi.

Ho visto su “Samp TV” un’intervista al varazzino Recagno, che raccontava di un lancio di 50 metri fatto da Ocwirk per lui, che gli era piovuto sul piede e altro non aveva fatto, che colpire al volo, sulla corsa e fare un gol così bello che il portiere della Lazio, Lovati, l’aveva inseguito per congratularsi con lui. Tuttavia il tedesco sapeva anche, in caso di necessità, non andare troppo per il sottile; Sampdoria – Bologna, noi vincevamo per uno a zero ed eravamo rimasti in dieci, non esistevano le sostituzioni e Aurelio Milani, nostro centravanti e autore della rete, era uscito per la frattura del malleolo,  ebbene, ricordo il fuoriclasse Ocwirk, calciare il pallone di forza oltre la tettoia delle tribune, che probabilmente sarà finito nel Bisagno.

Un altro grande in quel ruolo fu Suarez, tuttavia, quando arrivò nel 1970, in cambio di Frustalupi, assieme a Lodetti, aveva ormai 35 anni e la Sampdoria era composta da dei volenterosi giocatori. Una curiosità del campionato post mondiale 1970/71, quello del quattro a tre alla Germania, fu che la prima partita la giocammo a Cagliari, detentore dello scudetto, fino a circa 20 minuti dalla fine vincevamo uno a zero, gol di Salvi, poi ci fu dato un rigore contro, Gigi Riva segnò il gol del pareggio, poi Brugnera quello della vittoria. Nella seconda partita col Napoli, già nel primo tempo si fratturò la tibia il nostro stopper Negrisolo, poi Bianchi segnò il gol della vittoria per i partenopei.

La terza partita si giocò a Milano contro il Milan, la domenica immediatamente dopo la tremenda alluvione che aveva colpito la nostra città e allagato gli spogliatoi di Marassi, rendendo inservibili scarpe e indumenti di gioco. Perdemmo tre a zero, il Milan, bontà sua, ci fornì la tuta nuovissima di calzettoni, mutandine, maglie e scarpe, e i poveri Suarez e compagni, finirono la partita con le vesciche ai piedi.

Un caro saluto ai lettori di Sampdorianews.net.