Cerezo: "Mi considero fortunato per aver giocato a Genova"

18.11.2018 14:24 di  Matteo Romano   vedi letture
Cerezo: "Mi considero fortunato per aver giocato a Genova"
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© foto di Federico De Luca

Tra i calciatori che hanno fatto grande la Sampdoria di Paolo Mantovani c’è sicuramente Toninho Cerezo. Il brasiliano ha rappresentato nella Sampdoria di Vujadin Boskov la classe, la fantasia e l’esperienza, dando un contributo fondamentale al raggiungimento di due edizioni della Coppa Italia, della Coppa delle Coppe e dello Scudetto. In questi giorni Cerezo si trova in Italia per seguire a Coverciano il corso per l’acquisizione del patentino di allenatore.

L’ex calciatore brasiliano si è concesso ai taccuini de ilromanista.eu raccontando alcuni aneddoti della sua esperienza in maglia blucerchiata: “Alla Samp giocavamo un calcio facile: si perdeva palla e ognuno aveva il proprio uomo da marcare. Tutti noi eravamo responsabili di un avversario da controllare. Quella era una squadra forte caratterialmente. Vialli, Mancini, Pari, Vierchowod, Mannini erano tutti uomini di spessore, riuscivano a tenere il gruppo unito e compatto, dentro e fuori dal campo. Questo era il nostro segreto. Così Boskov aveva pochi problemi da risolvere. Però non tollerava che si dicesse qualcosa sul suo poco potere, non sopportava questa storia. ‘Cerezo... Mancini pensa di comandare, ma non comanda nulla perché qui comando io’. Lo diceva quando litigavano – afferma l’ex centrocampista brasiliano  – Perché la Samp? In un primo momento dovevo andare al Milan, poi ci furono dei problemi. A quel punto pensavo di restare a Roma. Quando capii che non era possibile, il mio procuratore, che a quei tempi era Canovi, mi propose la Sampdoria: mi parlava bene della società e della città. Così ho deciso di far fare il suo corso alla vita. Canovi aveva ragione. A Genova sono stato bene”.

Nel corso dell’intervista concessa al portale romanista Cerezo evidenzia le differenze tra la tifoseria giallorossa e quella blucerchiata: “Il tifoso romanista è un po' sudamericano, è fantasioso. Il tifoso giallorosso vive per la squadra la mattina, il pomeriggio, la sera e penso anche quando dorme. Un calciatore a Roma può anche giocare male una partita, ma per il tifoso cambia poco. Il romanista anche se hai fatto qualche cazzata ti viene a salutare, se ti incontra ti offre un caffè. Ha l'allegria tipica dei brasiliani. Il genovese ti vuole bene in un altro modo. Ti guarda. Ti ammira. Ma resta distante. Non si avvicina. Non c'è il contatto che si crea a Roma. Mi considero fortunato per aver giocato a Roma e Genova, inoltre in due grandissime squadre”.