La Sampdoria non muore mai. Chi l'attendeva in riva al fiume...

Giornalista Pubblicista. Direttore e ideatore di Sampdorianews.net, fondato 12 novembre 2008. Direttore Responsabile TMW Sampdoria. Collabora come opinionista con Radio19, Primocanalesport, Radio Sportiva, Telegenova.
01.12.2013 18:59 di Diego Anelli   vedi letture
La Sampdoria non muore mai. Chi l'attendeva in riva al fiume...
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In tanti, troppi attendevano il cadavere in riva al fiume. I gufi, i prevenuti, i disfattisti non sono mai mancati e, dopo la sconfitta di Firenze e l’esonero di mister Rossi, si aspettavano il colpo di grazia sulla Sampdoria ed erano pronti a sparare a zero su qualcuno in vista delle insidiosissime sfide con Lazio e Inter, invece in campo si è verificato l’esatto contrario.

Sotto la guida di Mihajlovic abbiamo ammirato una Sampdoria trasformata, per mentalità, spirito, fiducia in se stessa, capace di non farsi abbattere da niente e da nessuno. Non sono bastati l’inferiorità numerica per l’intera ripresa con la Lazio, il devastante impatto psicologico del goal realizzato da Cana nei secondi finali, il goal di Guarin ad inizio gara, la classifica, il gap tecnico con gli avversari. La Sampdoria è andata avanti per la propria strada, non si è mai disunita, si è resa conto quanto valga la pena crederci, lottare, giocare per gonfiare la rete, perché nel calcio talvolta tutto è possibile.

La classifica restava e resta deficitaria, a gennaio l’esigenza di rinforzi di qualità nei ruoli cardine rimane palese sotto gli occhi di tutti, ma al mercato bisogna arrivarci cercando non soltanto di limitare i danni, ma con una serie di risultati ottenuti e prestazioni offerte da una squadra combattiva, mai doma, gagliarda, coraggiosa, capace di gettare il cuore oltre l’ostacolo e assolutamente propositiva, andando alla ricerca del guizzo inatteso, decisivo.

Il ritorno alla difesa a quattro, il 4-2-3-1 con tre centrocampisti offensivi alle spalle dell’unica punta, giocatori collocati nelle proprie posizioni naturali, la rinascita di Soriano, da sempre considerato tra i più talentuosi giovani della vincente Primavera ma finora protagonista di un rendimento troppo altalenante per lasciare tracce di sé stesso, il decisivo Renan che capitalizza come meglio non potrebbe i pochi minuti a disposizione a S. Siro, Palombo in versione centrocampista che torna a fare la differenza, l’aggregazione del gruppo, la responsabilizzazione dello spogliatoio, in primis dei giocatori più rappresentativi ed esperti, in tale ottica va interpretata anche la decisione di lasciar spazio settimanalmente a Gastaldello e Palombo nelle conferenze stampa, una mentalità offensiva che va oltre lo schema adottato.

Prima dell’arrivo dell’ex Ct della Nazionale Serba, l’organico era il medesimo, la squadra non ha mai remato contro il precedente tecnico, ha lottato in ogni gara, ha sbagliato clamorosamente soltanto l’approccio al derby, ma ha dimostrato, in più occasioni, di crederci fino alla fine, come dimostrato dalla vittoria di Livorno, i pareggi di Trieste e Bologna, la momentanea rimonta da 1-3 a 3-3 in 10 con il Sassuolo. Quella Sampdoria però, nonostante il cuore e il massimo impegno, era tatticamente e mentalmente troppo prigioniera delle proprie paure, delle frequenti amnesie, di una confusione tattica in espansione all’interno di un organico di oltre 30 giocatori e ricca di lacune tecniche, di una mentalità tendente spesso e volentieri alla fase difensiva, andando talvolta inconsciamente ad accentuare i punti deboli di un 11 alla disperata ricerca della svolta, di uno scrollone, di un cambio radicale, definitivo.

In un contesto simile sono andati ad aggiungersi il famoso carattere, la fortissima personalità, l’affetto risalente ai suoi trascorsi da ex giocatore blucerchiato di Sinisa Mihajlovic, oltre al frequente risveglio di una squadra al momento del cambio alla guida tecnica. Sono bastati pochi minuti contro la Lazio per rendersi conto che la Sampdoria, con tutti i propri limiti tecnici che restano tali e possono essere colmati soltanto con un mercato finalmente all’altezza a gennaio, aveva iniziato a percorrere la retta via, con l’obiettivo di trasformare paure, incertezze, complessi in orgoglio, voglia di riscatto e fame di vittoria. Difesa più portata al possesso palla, pressing altissimo per creare problemi agli avversari in fase d’impostazione a livello difensivo, maggior fraseggio laddove si può far male, ovvero nella zona tradizionalmente occupata da un ipotetico fantasista di ruolo, con l’opzione di creare un’azione avvolgente per colpire sugli esterni.

Il pareggio di Cana ha rappresentato una traumatica mazzata per tutti quanti, per chi era in campo, per chi soffriva sugli spalti. Quando la sfera ha varcato la linea di porta, quando l’arbitro ha fischiato la fine, per un attimo non si guardava più l’1-1 sul tabellone, dentro chiunque tenga alle sorti blucerchiate la delusione, il rammarico erano talmente evidenti che sembrava di aver a che fare con una sconfitta, a causa di quella manciata di secondi di recupero che ci avevano strozzato in gola la gioia incontenibile del ritorno alla vittoria, un successo meritato conquistato in 10 per 45’ contro la Lazio.

Un goal che avrebbe messo k.o. un normale avversario, non però questa Sampdoria che si è accasciata sul terreno per la disperazione, ma un attimo più tardi era già in piedi, pronta a lottare, incavolata per quel maledetto goal subito per un’incertezza difensiva generale, ma consapevole di aver ricominciato con il piede giusto, conscia di essersi ritrovata, aver ripreso il bandolo della matassa, aver nuovamente mostrato il dna indispensabile per lottare, fondamentale per salvarsi. Oggi a S. Siro l’ennesima dimostrazione.

L’arbitro non aveva nemmeno avuto il tempo di fischiare l’inizio della sfida che metà Sampdoria era già nella metà campo avversaria, troppa la voglia di dimostrare alla “Scala del Calcio” il proprio valore. Il goal di Guarin avrebbe potuto cambiare il volto alla partita, invece sono stati i blucerchiati, con tutti i propri limiti,  a comandare i giochi per lunghi tratti, con Da Costa quasi mai impegnato e l’Inter capace di rendersi pericolosa soltanto con il palo colpito dallo stesso colombiano nella ripresa. Il pareggio di Renan, autore di un formidabile siluro, è stato il giusto coronamento della mentalità offensiva della Sampdoria, protagonista di un forcing durato per buona parte della ripresa.

Ora saremo attesi da due scontri diretti di incalcolabile importanza. Dopo la sfida infrasettimanale con il Verona in Coppa Italia, ecco arrivare il Catania al “Ferraris”, prima della delicata trasferta di Verona con il Chievo. Due incontri che si preannunciano combattuti fino all’ultimo respiro, pesantissimi punti salvezza in palio. Gli etnei, una delle più grandi delusioni dell’inizio di stagione, se la sono giocata con il Milan fino a metà ripresa, quando il goal di Balotelli e l’espulsione di Tachtsidis hanno fatto cambiare binario al match. Soprattutto in trasferta gli uomini di De Canio hanno palesato grosse difficoltà, ma verranno per giocarsela alla morte. Il Chievo, mai domo ma sfortunato con Sannino, si è rivitalizzato sotto la cura Corini, aggiudicandosi il derby con l’Hellas e rifilando tre goal al Livorno.

Servirà la miglior Sampdoria, servirà almeno questa Sampdoria per uscire indenni e vincenti, portare a casa almeno 4 punti fondamentali per recuperare posizioni in classifica e restare agganciati al treno salvezza in vista di gennaio. Nel frattempo un segnale vitale è stato lanciato dalla truppa blucerchiata: la Sampdoria non è morta, non si è ancora persa, è viva, pronta a lottare, si nutre di spirito combattivo e di un gioco in netto miglioramento e, si spera presto, di qualità. Chi l’attendeva in riva al fiume sarà costretto a cambiar posto se non vorrà fare i conti con la noia…