Quagliarella: "Mi allenavo fisicamente ma con la testa non c’ero, questa storia ha segnato la mia carriera"

01.03.2017 23:40 di  Maurizio Marchisio   vedi letture
Quagliarella: "Mi allenavo fisicamente ma con la testa non c’ero, questa storia ha segnato la mia carriera"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Vistosamente emozionato, il centravanti stabiese, ha raccontato alla trasmissione Le Iene la brutta vicenda in cui è stato coinvolto in prima persona. Intervistato da Giulio Golia, Fabio Quagliarella, non è riuscito a trattenere le lacrime per questa brutta storia che, dopo più di cinque anni, si è finalmente conclusa con una sentenza di primo grado:

"Sono passato per l'infame della situazione, e credimi, passarlo davanti alla propria gente fa male. Ogni viaggio in cui dovevo tornare a Napoli cercavo di nascondermi, cercavo di camuffarmi con cappelli e occhiali, per evitare che qualcuno mi dicesse qualcosa. Alcuni amici mi dicevano: dai andiamo a farci un giro in qualche locale, e io dicevo di no. Ma detto ciò ci tengo a dire una cosa, non è che tutta la gente è così, non voglio far passare una brutta immagine della mia terra. Assolutamente, anzi, il napoletano ha un cuore che, se fossero tutti come noi, si vivrebbe molto meglio. Però faceva male, non potevo andare da nessuna parte, non mi potevo godere la mia gente, perché avrei potuto trovare sempre qualcuno che mi dicesse qualche parolina. Una volta ti tieni, la seconda ti tieni, ma la terza... Poi le persone che ti sono intorno in quei momenti magari reagiscono loro al posto tuo, ed io ho sempre voluto evitare questo. Mi dicevo: non posso andare a litigare e discutere con la mia gente, loro non se lo meritano e non me lo merito neppure io. E così ho aspettato che arrivasse quel giorno.

Così ho passato questi cinque anni, cinque anni abbondanti, e fa male. Ho sofferto tanti anni per colpa di una persona a cui non so cosa sia passato per la testa. Io non gli avevo fatto niente, anzi, lo reputavo una persona di fiducia perché comunque faceva un lavoro importante, un lavoro a cui devi dare fiducia, faceva il poliziotto. Avevo un problema di password col Pc dunque un amico mi aveva presentato questo ufficiale della polizia postale esperto di informatica, gli dissi qual era il problema e lui me l’ha risolto. Da qui è nata un’amicizia. Dopodiché hanno iniziato ad arrivarmi lettere e messaggi anonimi, c’erano foto di ragazzine nude, scriveva che io ero un pedofilo, che avevo a che fare con la camorra, che avevo a che fare con la droga, che avevo a che fare con calcio scommesse, sto parlando di centinaia e centinaia di lettere. A mio padre, quando io ero in giro, gli arrivavano messaggi che dicevano: tuo figlio ora è in giro per Castellamare, gli spezziamo le gambe, lo ammazziamo. A volte ero fuori casa e avevo due o tre chiamate perse sul cellulare di mio papà, io magari ero impegnato, e la mente andava subito a pensare cose brutte, che magari fosse successo qualcosa. Ogni piccola cosa nella testa diventava un pericolo, perché sapevo di queste minacce. Uscivo di casa e mi guardavo intorno, mi sentivo osservato, mi sentivo minacciato, poi non sapendo chi fosse, guardavo tutti con altri occhi. Occhi dubbiosi, non ti nascondo il clima di tensione che c’era in famiglia, lo puoi immaginare, perché poi lui ci diceva che dovevamo prendere le impronte digitali di tante persone.

Lui, lo stalker, intanto, era diventato di famiglia, c’era rapporto, mi chiedeva i biglietti per lo stadio, le maglie, gli autografi. Lui ripeteva sempre: ci siamo quasi, lo stiamo per beccare, ci vuole ancora un po’ di tempo, stiamo capendo ma non ti possiamo dire. Poi uno dice, non potevi capire che fosse lui? Quando ci sei dentro sei in un vortice, lui mi diceva: non parlarne con nessuno, parlane solo con tua mamma e tuo papà. Neppure i miei fratelli sapevano queste cose. Lo stalker inviava addirittura delle lettere alla Direzione Distrettuale Antimafia di Castellamare con delle accuse nei confronti di un mio amico. Ha inviato delle lettere anche alla società del Napoli. Un giorno dovevamo andare a giocare in Svezia, io avrei dovuto essere uno dei titolari, prima della gara mi chiamarono e mi dissero: tu non giochi, non giochi perché ti abbiamo venduto, è meglio che non giochi. I tifosi dicevano che l’avevo fatto per soldi, ma non è vero, i soldi li guadagnavo anche a Napoli.

E’ stata dura perché a casa i bimbi dormivano con l’ansia perché arrivavano telefonate di notte. Il fatto che i napoletani se l’erano presa ha confermato che comunque la gente mi amava, altrimenti se ero un giocatore normale, uno dei tanti, non sarebbe successo. Mi immaginavo capitano del Napoli, immaginavo di poter vincere qualcosa, pensavo che il Napoli diventasse forte come lo è ora, ora è uno squadrone. Ora, pensando a questa vicenda, credo che se non ci fosse stato tutto questo, io a quest’ora sarei ancora lì a giocare. Segnare li era meraviglioso, ho fatto undici goal ma era come ne avessi fatti cento perché quando vedevano i  miei goal erano felici. Quando pensavo al fatto di essere etichettato come infame, mi faceva male, mi dicevo: come glielo racconto alla gente? Non mi crederanno mai. Quando con il Torino ho segnato il rigore a Napoli, ho fatto quel gesto per dire: io contro di voi non ho niente, capitemi, perché sapevo cosa c’era dietro questa storia, da un momento all’altro poteva chiudersi questa vicenda ed ho iniziato a mandare i primi segnali. Con quel gesto ho dovuto rompere il rapporto con il Torino.

Mi allenavo fisicamente ma con la testa non c’ero, la testa pensava ad altro, era un continuo pensare, questa storia ha segnato la mia carriera, ha segnato il mio rapporto con Napoli. Se si fosse fermato tutto quell’anno li sarebbe stato bello, poter fare il capitano. La prima volta è successo con la Sampdoria, è stato bellissimo essere capitano, però se ci ripenso, avrei potuto farlo a Napoli con la mia gente.

Il primo sospetto che poteva essere lui lo stalker lo ha avuto mio padre. Ho pensato che non potevamo dubitare di lui ma mio padre ha insistito, mio padre è sveglio, è avanti. Le denunce che mi faceva firmare non sono mai state depositate, le teneva tutte lui, dunque è come se io non avessi mai denunciato niente. Mi emoziono quando parlo di mio padre, perché mio padre ha fatto dei sacrifici, come tante famiglie al Sud, lo dico sempre: con tutte le possibilità che ho ora, ringraziando il signore per la mia dote, io non so se sarei capace di fare i sacrifici che ha fatto lui. Ha cresciuto quattro figli  senza farci mai mancare niente. Quando parlo di lui sono orgoglioso. Per lui so quanto fosse importante avere un figlio che giocava nel Napoli. Se il Napoli mi richiamasse? Sarebbe bello. Per me sarebbe bello già solo se mi richiedessero, se passasse nella loro testa di un mio ritorno, sarebbe già bello. Poi le trattative sono altre cose. Quando ripercorro la mia carriera mi dico: ho lasciato qualcosa di incompiuto lì, è come essere arrivato davanti alla porta e, quando stai per tirare, ti tolgono il pallone."