ESCLUSIVA SN - 1946, Sessarego: "Era difficilissimo fare gol a Battara, dura anche per Gigi Riva"

20.01.2015 19:46 di  Alberto Boffano  Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA SN - 1946, Sessarego: "Era difficilissimo fare gol a Battara, dura anche per Gigi Riva"
© foto di Sampdorianews.net

La storia blucerchiata raccontata attraverso gli aneddoti, gli episodi, e i ricordi di chi l’ha vissuta: la nuova puntata della rubrica di Sampdorianews.net dedicata ai 68 anni della Sampdoria, 1946, ha avuto il piacere di ospitare come narratore dei ricordi il giornalista Piero Sessarego:

"Vi parlerò stavolta del Pierone Battara, che io considero una tra i più grandi portieri del Dopoguerra italiano e lo metto subito dopo Albertosi, Zoff e naturalmente Buffon.

Piero Battara nacque a Torino nel 1936, precisamente il 21 luglio, sotto il segno del Cancro. Segno nel quale lui si riconosce in pieno: sensibile, sentimentale, amore per le radici. E in effetti, quando poi conobbe a lungo e bene la Sampdoria concluse dicendo: ‘Sentimentali si nasce, Sampdoriani si diventa’. La sua famiglia era sfollata dagli zii a Bomborto, un paesino a dieci chilometri da Modena, con la mamma Emma e la sorella Mimma, in quanto il padre Armando era prigioniero in Jugoslavia. Ed è qui che il Pierone ha preso la strada del calcio. Era il paesino della famiglia dei Sentimenti, famosissima famiglia con sei calciatori uno più bravo dell’altro tra i quali il mitico Sentimenti IV, Lucidio, che poi sarebbe stato il grandissimo portiere della Juventus e della Nazionale. C’era anche la famiglia di Braglia, famoso terzino sinistro del trio “Corghi-Remondini-Braglia”, c’era Tomeali, c’era Lodi. Insomma, c’erano questi campioni di allora e i ragazzini come Piero Battara erano estasiati dall’andare al pomeriggio a vedere questi giocatori che si allenavano e giocavano delle partitelle tra di loro con il mitico pallone giallo o del Modena o della Juventus.

Tornò poi suo padre dalla prigionia e la Teti, la compagnia telefonica di allora, lo riassunse a Torino. Si trasferirono dunque lassù in una camera di una caserma fatta per 4-5.000 sfollati, ma dopo un anno la Teti gli trovò un appartamento nel quartiere San Paolo. E da lì il giovane Piero andava in giro in cerca di oratori, finché trovo il Don Bosco dei Salesiani (quello dove poi più tardi sarebbe cresciuto anche Garella). Era l’oratorio di Maria Ausiliatrice, e Piero Battara conserverà per tutta la vita un ricordo affettuoso e di ammirazione per don Luigi Borgogno che lo indirizzò al Cenisia. Si era capito che questo ragazzo tra i pali ci sapeva davvero fare. Il Cenisia in cambio procurò ai Salesiani un campo da pallacanestro e delle attrezzature sportive, così andavano le cose a quei tempi. Il presidente del Cenisia era Dario Borgogno, futuro Segretario Generale della Federcalcio, che lo portò al Como. A Como stava per firmare, ma arrivò Sentimenti IV che stava giocando nel Vicenza (era sul finire della carriera) e se lo portò al Lanerossi. Lo fece mettere nella Primavera agli ordini di Berto Menti, fratello di Romeo favolosa ala sinistra del Grande Torino deceduto a Superga. In Prima Squadra al Lanerossi arrivò il genovese Roberto Lerici, il quale nota questo portierone che stava giocando nella Primavera che con Campana, Bulgarelli e David aveva vinto per due anni consecutivi il Viareggio. A quel tempo erano Luison e Bazzoni i primi due portieri del Lanerossi: colpo di fortuna, si beccano un’influenza micidiale e il Pierone esordì a Firenze. La domenica dopo si fece onore a Torino contro la Juve e cominciò la sua grande carriera.

Giocò per cinque anni al Lanerossi, finché nel 1961 arrivò lassù il Cavaliere Mario Rebuffa, il mitico factotum della Sampdoria degli armatori, e lo ingaggiò in blucerchiato per quattro milioni e mezzo di ingaggio annuo più centotrentamila lire al mese. Erano bei soldi, ma comunque lui ne spendeva ventiseimila al mese per l’appartamento, sicché non erano quei guadagni che poi sarebbero venuti in seguito per i nostri calciatori. Arrivò insieme ad Avigni, Boskov e Veselinović che vennero qui a passarsi l’inverno, a svernare. Da allora, undici anni nella Sampdoria e 228 presenze per Battara.

Con Monzeglio il titolare era Rosin, e quindi era dura. Con Lerici (che peraltro fu l’inventore del terzino sinistro fluidificante con Savoini al Vicenza ben prima del Facchetti di Herrera) cominciò l’altalena. Ocwirck invece gli preferiva Sattolo, che aveva giocato con lui, e Battara questa situazione la soffriva perché si sentiva obiettivamente più forte. Ma arrivò Bernardini a sostituire Baldini che sciolse il dubbio, era un tale conoscitore di calcio che gli bastava la prima occhiata. Da allora comincia la favola del Pierone eroe del San Paolo, detto Batman da molti perché quando andava a Napoli non c’era verso di fargli gol. Naturalmente era difficilissimo fare gol a Battara, il quale in quell’anno trionfale di Serie B trovandosi di fronte attaccanti forti ma non fortissimi come quelli di Serie A, prese proprio la ire per dire ‘Non mi fa più gol nessuno’. E infatti in A diventò dura anche per Gigi Riva, tanto per dirne una.

Lui era allenato dal Gipo Poggi, che pur non essendo stato portiere ma centrocampista si intendeva del ruolo e delle geometrie della porta, e difatti il Pierone ne conserverà un ricordo bellissimo. Arriva Colantuoni (nel frattempo lui aveva sposato la sua Franca che l’anno dopo, nel ’63, gli aveva dato il figlio Massimo), quelli erano i tempi di Albertosi e Zoff, autentici monumenti: ed è questo il motivo semplice per cui egli non riuscì mai a giocare in Nazionale. In questo senso ebbe una iella tremenda. Nel ’72 Colantuoni gli dice: ‘Ti ho ceduto al Bologna perché alla Sampdoria prendo Cacciatori’. Lui andò là, giocò ancora per due anni; poi smise e con Fogli e Perani si mise a fare l’istruttore nel Centro Giovanile di Casteldebole.

Pesaola però arrivò al Bologna, lo vide e se lo prese come allenatore dei portieri della Prima Squadra. Il Pierone era uno studioso del ruolo, fantastico nelle uscite basse e alte che aveva imparato studiando a fondo l’amico Sentimenti IV. Erano i tempi di Ghezzi, il kamikaze che francamente nelle uscite basse era il numero uno. Ma tra basse e alte, il Pierone era il primo. Diventò un istruttore dei portieri di così grande valore che dalla classe C (1957 in poi) costruì Cavalieri, Zinetti, Malgioglio, Maurizio Rossi, Boschin, Pazzagli, suo figlio Massimo, Ballotta. E poi, tornato alla Sampdoria come allenatore dei portieri della Prima Squadra, ritrova Pagliuca che aveva avuto nel Settore Giovanile del Bologna. E il Pierone qui ritrovò casa, il suo ricordo dei tempi blucerchiati sia da giocatore che da allenatore dei portieri è imperituro, e difatti diceva: ‘Sentimentali si nasce, sampdoriani si diventa’. E lui lo è diventato a tutto tondo".

RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE DELL'ARTICOLO CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.SAMPDORIANEWS.NET