ESCLUSIVA SN - 1946, Rissetto: "Scanziani accompagnò la Samp dall'adolescenza alla piena maturità"

18.11.2015 19:46 di Lidia Vivaldi   vedi letture
ESCLUSIVA SN - 1946, Rissetto: "Scanziani accompagnò la Samp dall'adolescenza alla piena maturità"
© foto di Sampdorianews.net

La storia blucerchiata raccontata attraverso gli aneddoti, gli episodi, e i ricordi di chi l’ha vissuta: la nuova puntata della rubrica di Sampdorianews.net dedicata ai 69 anni della Sampdoria, ospita come narratore per l’album dei ricordi blucerchiati Stefano Rissetto, giornalista sportivo, scrittore, e storica firma del Corriere Mercantile.

"Tra i giocatori che meritano di essere ricordati in questa rubrica, uno è sicuramente Alessandro Scanziani. Fu il primo giocatore della storia della Sampdoria a sollevare un trofeo, ed il primo a scendere di categoria e a diventare capitano perché scelto da Mantovani, Nassi e Riccomini per guidare la Sampdoria alla promozione dell'81-'82. Poi Riccomini venne presto esonerato, e Nassi dovette fare un passo indietro lasciando il ruolo a Borea, ma lo stesso Nassi rimase per molti anni accanto a Mantovani come "consulente ombra", e fu il vero artefice di quella squadra.

Scanziani scese in Serie B dopo aver vinto tanto con l'Inter; era un giocatore molto intelligente, e molto poco "calciatore" secondo gli stereotipi dell'epoca. Guidò la squadra anche attraverso un periodo molto difficile perché, dopo un inizio di campionato complicato, ci fu un momento, intorno al mese di marzo, in cui la sconfitta di Varese sembrava aver allontanato definitivamente la Sampdoria dalla zona promozione. Con il ritorno in Serie A arrivarono fior di campioni, da Brady a Francis a Souness, ma il capitano restava Scanziani, perché aveva un ruolo fondamentale per via della sua intelligenza, un vero allenatore in campo. Resta un mistero perché i due giocatori che leggevano meglio le partite in quella Sampdoria, cioè Scanziani e Vierchowod, non abbiano in seguito avuto grande fortuna come allenatori.

Scanziani resta il giocatore fondamentale per il passaggio della Sampdoria dall'adolescenza alla piena maturità. Fu anche una cosa simbolicamente giusta che sia stato lui ad alzare la prima Coppa Italia da Capitano il 3 luglio 1985. Nel filmato di quella premiazione si nota come Mantovani, che dovrebbe ricevere la coppa da Matarrese, come da protocollo, in realtà la sfiori soltanto, pretendendo che la prenda il capitano. Fra loro c'era una grande empatia, una grande affinità.

Da sfumare, invece, il suo passaggio al Genoa, vicenda che rappresenta in qualche modo un tasto dolente: era già pronto per lui un contratto con la Fiorentina, che però lo respinse alle visite mediche. Scanziani si trovò in una situazione difficile, in cui rischiava di dover smettere di giocare, chiese quindi il permesso a Mantovani di andare al Genoa.

Fu il simbolo della Sampdoria dei primi anni '80, che preparò la strada a quella vincente del ciclo 1985-'94. Paradossalmente, l'impresa più difficile di Paolo Mantovani fu tornare in Serie A: ci impiegò tre anni, rischiando anche la Serie C nella prima stagione. Lazio e Milan erano state retrocesse per motivi disciplinari, e il campionato 1980-'81, in cui Mantovani aveva costruito una squadra fortissima, vide invece la promozione del Genoa, mentre Sampdoria e Lazio restarono in cadetteria.

In seguito Scanziani fu individuato come il giocatore sia di talento, sia di cervello, capace di ricondurre questa squadra in Serie A. Lui infatti era un giocatore da Serie A, in un ruolo che adesso potrebbe essere quello di Soriano, giocatore intelligente con una grande visione di gioco, cattivo il giusto, e acuto in zona gol, utile anche nelle punizioni. Era stato un lusso per quella Sampdoria, ed aveva accettato di scendere in B con la promessa che sarebbe stato soltanto per un anno.

Non era uno di quei giocatori che si fanno amare per gesti plateali, per ruffianerie nei confronti dei tifosi, e fu anche uno dei pochi che non ebbe un club a lui intitolato, anche se l'era dei club personali ebbe il suo picco sul finire degli anni '80. Tuttavia è sempre rimasto molto legato all'ambiente: lo ricordo spesso a vedere la Sampdoria anche da tifoso, e segnatamente era a Padova nella partita fondamentale di gennaio 2012 in cui si decidevano le sorti di Iachini. Tra i tifosi, oltre a Scanziani, ricordo anche Gianfranco Bellotto e Simone Pavan, una bella testimonianza di come questi ex siano rimasti legati ai colori. Ancora adesso Scanziani parla della Sampdoria come l'esperienza più importante della sua carriera, perché ha partecipato e contribuito alla costruzione di un'amore.

Credo sia stato un giocatore fondamentale nella storia blucerchiata, perché quella promozione fu difficile tanto quanto vincere lo Scudetto. Quei tre anni, dall'avvento di Mantovani al ritorno in Serie A, non passavano mai... Inoltre, se non fosse stata centrata la promozione quell'anno, probabilmente Vierchowod sarebbe stato ceduto definitivamente. Scanziani fu il leader di quella Sampdoria che, dall'orlo della retrocessione in Serie C nel '79, arrivò a giocarsi lo Scudetto già nell'85. E' stato colui che ha preso per mano la squadra e ha incarnato questa trasformazione, per queste ragioni è un giocatore che andrebbe considerato di più. Nel suo ruolo ci sono stati negli anni grandi campioni, ma per la collocazione storica è stato importantissimo.

Aveva già giocato ad alto livello, nell'Inter, e insieme a Bordon formava la coppia di capisaldi della Coppa Italia del 1985 che venivano dall'esperienza vincente con Bersellini in nerazzurro. Arrivava dopo un lungo periodo in cui la Samp si trovava in Serie B, e dopo una fase infruttuosa nella gestione Mantovani, e nemmeno quella dell'82 fu una promozione tranquilla, perché arrivò soltanto alla penultima giornata. Inoltre c'erano squadre come Hellas, Pisa e Bari che non mollavano mai, e il Varese, con Fascetti allenatore e Marotta DS che non concesse nulla fino all'ultimo. Fu un campionato tribolato quasi quanto l'ultima promozione del 2012.

Infine, fu fondamentale anche perché insegnò molto ai giovani che arrivarono in quel periodo, come Mancini che giunse a Genova diciottenne, e riuscì sempre a ritagliarsi un ruolo in campo, nonostante l'agguerrita concorrenza di centrocampisti offensivi".