ESCLUSIVA SN - 1946, Pizzul: "Cerezo il falso lento: sagacia tattica, movenze felpate e parlata carioca"

23.12.2014 19:46 di  Lidia Vivaldi   vedi letture
ESCLUSIVA SN - 1946, Pizzul: "Cerezo il falso lento: sagacia tattica, movenze felpate e parlata carioca"

La storia blucerchiata raccontata attraverso gli aneddoti, gli episodi, e i ricordi di chi l’ha vissuta: la tredicesdima puntata della rubrica di Sampdorianews.net dedicata ai 68 anni della Sampdoria ospita come narratore per l’album dei ricordi blucerchiati Bruno Pizzul, giornalista sportivo e popolarissima voce delle telecronache Rai.

"Quando si parla di Sampdoria, anche riandando indietro nel tempo, un allenatore e una squadra come quella di Vujadin Boskov non si può non citare. Sia per la sua bravura come tecnico, sia per il suo grande spessore umano, per il modo in cui concepiva il calcio e raccontava il calcio. Io ho avuto il piacere di passare diverse ore con lui, ed era un conversatore amabilissimo. Al tempo stesso era uno che riusciva a compattare il gruppo e a motivare i giocatori, anche se aveva un modo di fare abbastanza scanzonato, e qualche volta anche apparentemente distratto.

Per quanto riguarda le partite, nella mia carriera ho fatto parecchi derby della Lanterna, ma ce n’è una giocata da quella Samp che mi spiacque molto per come andò a finire, mi riferisco alla finale di Coppa dei Campioni a Londra persa in maniera inopinata perché, francamente, la Samp avrebbe meritato di vincere. Fu anche sfortunata in alcuni dei suoi elementi di maggiore prestigio, perché anche i due “Gemelli del gol” sbagliarono qualcosa sotto porta, e poi ci fu quel calcio di punizione decisivo di Koeman. Mi dispiace ricordare quella partita, ma la ricordo proprio perché ci restai molto male, triste, un po’ come Pagliuca.

Di quella squadra faceva parte un calciatore che mi ha sempre intrigato molto, anche se nella scelta dispiace lasciar fuori tanti altri, ed è Toninho Cerezo. Per me è stato un giocatore affascinante, per il modo così dinoccolato con cui teneva il campo, unito all’estrema sagacia tattica, e soprattutto perché si capiva come tutti i compagni vedessero in lui un punto di riferimento. Come spesso capitava a proposito di giocatori di lunga milizia, si diceva che nessuno sapesse con precisione la sua età, dato che l’ufficio anagrafe dalle sue parti non funzionava sempre alla perfezione… È pur vero che il suo arrivo fu circondato da qualche perplessità, ma lui seppe ampiamente sbugiardare coloro che pensavano che fosse un “vecchietto” venuto a svernare dalle parti di Genova. Effettivamente non era un fulmine di guerra in quanto ad accelerazioni e scatti, ma era contemporaneamente un falso lento, perché con quella sua tipica falcata e quel modo di muoversi felpato riusciva sempre a trovarsi nella posizione giusta al momento giusto, ed era uno dei cardini fondamentali nella manovra del gioco doriano.

Era un personaggio insolito anche fuori dal campo: aveva mantenuto un forte accento brasiliano, e spesso parlava riferendosi a modi di dire della sua terra, per cui era piacevole conversare con lui proprio perché condiva la conversazione con questi suoi modi di dire del tutto particolari. Ma quella era una Sampdoria di grandi personalità, una squadra in cui c’erano tanti uomini di carattere, tanti comunicatori e tanti leader, e a capo del gruppo c’era Vujadin, assolutamente impagabile, tant’è che molte delle sue massime relative non solo ai suoi giocatori, ma anche a quelli di altre squadre, sono entrate nel lessico comune, così come alcune affermazioni di quegli stessi giocatori, in particolare quelle di Toninho".