ESCLUSIVA SN - 1946, Nuti: “Cucchiaroni ha dato tanto alla Samp non solo per il suo talento, ma era un gentleman amato da pubblico e compagni”

01.10.2014 19:46 di  Rudy Maccherozzi  Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA SN - 1946, Nuti: “Cucchiaroni ha dato tanto alla Samp non solo per il suo talento, ma era un gentleman amato da pubblico e compagni”
© foto di Sampdorianews.net

La storia blucerchiata raccontata attraverso gli aneddoti, gli episodi, e i ricordi di chi l’ha vissuta: la nuova puntata della rubrica “1946" di Sampdorianews.net dedicata ai 68 anni della Sampdoria, ospita come narratore per l’album dei ricordi blucerchiati Beppe Nuti, giornalista di Telenord, che ha raccontato di un grande giocatore che ha fatto la storia blucerchiata: Ernesto Cucchiaroni.

“Voglio raccontarvi di un argentino che ha incantato ed ha fatto la storia della Sampdoria: Ernesto “TitoCucchiaroni. Non è un caso che ancora oggi, sappiamo tutti, il suo nome campeggia sullo striscione degli Ultras. Venne scoperto in un match tra Argentina e Cecoslovacchia, nel 1956, da uno “scout” del Milan, che portò in maglia rossonera quel giocatore di piccola statura, velocissimo, scattante ed intelligente; un’ala di quelle che piacerebbero ancora oggi. Al Milan giocò con un certo Schiaffino, colui che, insieme a Ghiggia, fece uno sgarbo ai brasiliani vincendo i Mondiali nel ’50 con la maglia dell’Uruguay

Cucchiaroni vinse uno scudetto nel ’57 con il Milan e, come spesso accadeva in quegli anni, tanti giocatori delle squadre milanesi venivano dati per finiti ad una certa età. Il presidente della Sampdoria Alberto Ravano, in quei tempi stava costruendo una squadra con questi giocatori definiti “finiti”, come Tito, Vincenzi dall’Inter ed un giocatore formidabile come Bergamaschi. Cucchiaroni aveva esordito nel campionato italiano in un derby Milan-Inter e aveva fatto grandi cose, ma è con la Sampdoria che ha dato il meglio di sé. Ha giocato 5 campionati in maglia blucerchiata, dalla stagione 1958/1959 alla 1962/1963, e realizzò 40 reti distribuite in circa 140 partite. Giocava con grandi giocatori come Ocwirk, uno dei più grandi avuti dalla Sampdoria, e Nacka Skoglund. In quella Sampdoria che conquistò un quarto ed un quinto posto c’erano tanti giocatori validi, ma purtroppo è tutto durato poco tempo. La Samp ha avuto la fortuna di portare a Genova il calcio, quello vero, con calciatori che davano del “tu” al pallone come anche altri campioni tipo Sarti, Mora, Brighenti, Bernasconi e Delfino; tutti giocatori che hanno fatto la storia della Samp, e giocò in blucerchiato anche insieme a Vujadin Boskov. Ricordo, ero un bambino, che andare a vedere giocare Cucchiaroni e altri calciatori di quel livello era proprio un piacere.

Giocò anche un anno nel Boca Juniors, nella città di Buenos Aires dove c’erano molti genovesi. Quegli anni di Tito sono stati fantastici per la Sampdoria e per la sua tifoseria, in quello stadio meraviglioso che ora non c’è più. L’ingresso in campo dagli spogliatoi era sotto la Gradinata Sud, ed appena i giocatori entravano sul terreno di gioco potevano voltarsi a sinistra e vedere da vicino lo spettacolo della gradinata. Era molto diverso andare allo stadio rispetto ad oggi, si andava a vedere la partita con il tram e vestiti in giacca e cravatta con il fazzolettino nel taschino della giacca. Le domeniche calcistiche avevano un significato quasi distinto. Credo che Cucchiaroni sia proprio entrato nel cuore dei tifosi, ed appunto gli "Ultras Tito Cucchiaroni" hanno voluto ricordarlo associando il suo nome al gruppo. Strappare un quarto posto con giocatori che erano giudicati sul viale del tramonto, era stato un grandissimo successo. Poi sono arrivati anche gli altri grandi successi con Paolo Mantovani, ma quello era già un periodo diverso rispetto a quello tra la fine degli anni ’50 e ’60.

In conclusione, Cucchiaroni ha dato veramente tanto non solo per i suoi gol, il talento e la generosità; ma era un gentleman, che si faceva amare dal pubblico e dai compagni. Sono tutte qualità che, non proprio completamente, un po’ si sono perse. Il cosiddetto attaccamento alla maglia aveva un significato grande, perché di queste cose i tifosi se ne accorgono. Il pubblico in generale non dovrebbe mai fischiare un giocatore che ha indossato la maglia della propria squadra, ma alcuni restano sempre impressi nel cuore e nei ricordi nel tempo”.

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