Sacrificio, decisione, umiltà. Auguri Srecko Katanec

16.07.2010 08:03 di Serena Timossi   vedi letture
Sacrificio, decisione, umiltà. Auguri Srecko Katanec
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© foto di Alessandro Pizzuti

In una squadra vincente gli equilibri rivestono un’importanza fondamentale e spesso le partite si decidono a centrocampo, dove quantità e qualità si devono amalgamare, creando per la difesa e l’attacco la situazione ideale per esprimere il proprio potenziale. Nella Samp dello Scudetto la complementarietà tra i due elementi era assicurata dalla “mente” di Toninho Cerezo e dal “braccio” Srecko Katanec.

L’incontrista, nato a Lubiana il 16 luglio 1963, di primo acchito poteva lasciare perplessi: dinoccolato, dall’alto del suo metro e novanta per settantanove kg di peso, e con l’espressione un po’distratta. Eppure, una volta in campo Katanec si rivelava una pedina preziosa in grado di sradicare il pallone dai piedi dell’avversario di turno, sfruttando le sue lunghe leve da fenicottero. Cerezo non amava correre ed era maestro nel costruire il gioco, Katanec spiccava per l’impegno sin dal riscaldamento e sul campo era abile nello spezzare l’azione altrui, impiegando tutte le proprie energie con grande spirito di sacrificio.

Quando giunse alla Samp dallo Stoccarda, nell’estate del 1989, il giocatore slavo aveva alle spalle una discreta carriera, cominciata nella propria città natale nelle giovanili dell’NK Lubiana e proseguita nell’Olimpia. Passato alla Dinamo Zagabria nel 1985, ebbe modo di mettersi in luce due anni più tardi tra le fila del Partizan di Belgrado, con il quale vinse il campionato jugoslavo. Nel giro della Nazionale dal 1983, partecipa all’Europeo dell’anno seguente, alle olimpiadi di Los Angeles (in cui la Jugoslavia conquista il bronzo) e al mondiale del 1990.

Il debutto blucerchiato avviene il 27 agosto 1989 in occasione di Lazio-Sampdoria (0-2). Sarà la prima di 87 partite con la casacca doriana nel susseguirsi di sei stagioni coronate da indimenticabili successi in campionato e nelle competizioni europee. Katanec segnerà complessivamente 12 reti, tra le quali quella decisiva contro il Brann Bergen nei sedicesimi di Coppa delle Coppe ’89-’90, il goal dell’1-0 esterno contro l’Olympiakos nella stessa competizione l’anno seguente e la prima rete contro la Stella Rossa nel girone di Coppa Campioni.

A partire dal 1996 intraprende con successo la carriera di allenatore, in cui spicca la storica svolta ottenuta dal calcio sloveno, grazie al suo lavoro alla guida della Nazionale, traghettata nel giro di tre anni al 27° posto nella classifica FIFA. Con una ricetta in cui sfrutta il proprio passato di calciatore, mescola sapientemente la tradizione slava, la solidità tedesca e l’organizzazione difensiva italiana, permettendo alla Slovenia di qualificarsi ad Euro 2000 ed ai mondiali di Giappone e Corea del Sud.

Dopo una parentesi sulla panchina dell’Olympiakos, Katanec torna a guidare una nazionale, quella macedone, e dal 2009 è selezionatore degli Emirati Arabi Uniti.

L’esperienza alla Samp ha lasciato il segno, Katanec infatti non manca di affermare l’importanza del gruppo, perché la squadra blucerchiata non avrebbe ottenuto quegli storici successi se tanti campioni non fossero stati affiatati ed uniti dentro e fuori dal campo.

Per Katanec la felicità umana e professionale ha seguito un percorso fatto di impegno, dedizione e costanza. Perché la fantasia in campo ha la possibilità di emergere anche grazie a chi si sacrifica e mette al servizio della squadra il proprio agonismo.